Non so se sapete che la tristezza è stata considerata nei primi secoli della Chiesa, a partire dai monaci eremiti, l'ottavo vizio capitale. Infatti il buon cristiano ha il dovere della letizia e la tristezza può essere considerata come un’offesa a Dio per la delusione dei doni che mette a disposizione.
Più tardi questo vizio è stato abolito, perché si pensava che non avesse diretta rilevanza sociale e fosse soltanto una questione privata della persona. Ci si illudeva, stupidamente che la tristezza non influisse sul mondo …, ma anche oggi il risultato è che viviamo in un mondo appesantito dalla tristezza. Oggi ne siamo pienamente coinvolti. Respiriamo un'aria di incertezza, insicurezza, isolamento, sfiducia, noia, depressione, incertezza, conflittualità, morte … che alimentano tristezza. A volte possiamo anche sentirci tristi senza motivazioni evidenti, semplicemente svogliati, stanchi e senza entusiasmo. La tristezza si manifesta con le lacrime, con la voglia di non fare nulla, con la chiusura verso gli altri; altre volte spinge ad agire in modo esagerato fino a gesti nervosi e irascibili.
E’ una forma di vizio ‘esistenziale’. È il male di vivere.
La famiglia, sia negli sposi come anche nei figli, non è esente dal contagio di questo virus, provocando spesso al proprio interno scontento, falsità, tradimento, inganno, frustrazione, conflitti, silenzio … portando a volte anche alla fine di una relazione.
Come affrontare la tristezza? Usiamo alcune parole bibliche, cercando poi di tradurle in gesti concreti. 
Dice il Siracide: “Non abbandonarti alla tristezza, non tormentarti con i tuoi pensieri. La gioia del cuore è vita per l'uomo, l'allegria di un uomo è lunga vita. Distrai la tua anima, consola il tuo cuore, tieni lontana lo malinconia. La malinconia ha rovinato molti, da essa non si ricava nulla di buono” (Sir30,21-23).
Anche Gesù affronta spesso il tema della tristezza. In un dialogo con i suoi apostoli  afferma: “state discutendo tra voi perché ho detto ‘un poco e non mi vedrete, un poco ancora e mi vedrete’? In verità, in verità io vi dico: voi piangerete e gemerete, ma il mondo si rallegrerà. Voi sarete nella tristezza, ma la vostra tristezza si cambierà in gioia” (Gv 16,19-20). San Paolo ricorda che bisogna donare con gioia: “Ciascuno dia secondo quanto ha deciso nel suo cuore, non con tristezza né per forza, perché Dio ama chi dona con gioia”. È la gioia dell’amore (2Cor9,7).
La  tristezza, se ascoltata, può diventare un potente fattore di crescita: affrontarla in modo positivo significa attuare strategie di resilienza, cioè affrontare e superare situazioni traumatiche o periodi difficili. È nel dolore che tante volte impariamo come siamo fatti e come poter reagire. Quando il Signore risorto si avvicina ai due discepoli di Emmaus e cammina con loro, i loro occhi erano impediti a riconoscerlo … Si fermarono col volto triste …
La tristezza è il motivo che impedisce loro di vedere il Risorto! Gesù dovrà svolgere un lungo lavoro di dialogo per tirare fuori le delusioni, le idee distorte sul Messia dei due discepoli prigionieri del loro mondo, delusi dagli avvenimenti di Gerusalemme e riportare una gioia tale da farli ritornare subito dagli Apostoli (Lc 24,13 e seguenti). Non perdiamo le occasioni per lasciarci aprire gli occhi e il cuore dalla Parola di Gesù e ritrovare la gioia e la bellezza della vita.

Don Riccardo
 
Per chi desidera  ogni sabato di questa quaresima sarà postato su questo sito una lectio divina sul brano del Vangelo domenicale,