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Nell’ultimo messaggio sui nemici, una persona ha osservato: don Riccardo, adesso basta piangere. Lezione capita; basta cose negative, passiamo al positivo, se ci riusciamo. Anche Gesù, prima della sua morte, nel cenacolo ha offerto agli apostoli risvolti positivi: “è bene che io me ne vada, perché venga a voi un altro Consolatore”. La parola ebraica, ‘consolatore’, contiene il senso del ‘far respirare’: lo Spirito Consolatore è tale perché rende vive le persone di tutti i tempi e anche noi. Nel cenacolo Gesù si presenta agli apostoli ‘soffiando’ su di loro, donando in questo modo lo Spirito Consolatore, che indica la pienezza della vita: vera, buona e bella.

Ma subito nasce la domanda: dov’è lo Spirito consolatore? come facciamo a incontrarlo, a conoscerlo? come accoglierlo? La risposta è semplice: lo Spirito non è visibile in sé, ma è visibile dalle cause e dagli effetti. Prendiamo esempio dall’amore. Si vede l’amore? Se volessimo esprimere il senso dell’amore, useremmo delle azioni che lo esprimono: un gesto, un regalo, un abbraccio, un favore, un bacio, un sorriso…, ma in sé l’amore non si vede, è astratto. Allo stesso modo, chi frequenta il Consolatore, che è essenza d’Amore, può coglierlo in tante cose concrete, le più semplici o oscure e anche in quelle difficili. Lo Spirito aiuta ad amare noi stessi, quando ci vediamo brutti, abbandonati o delusi, ci rende partecipi del mondo in cui tutto diventa familiare, ci fa vedere in senso buono il prossimo, anche quello più antipatico e fastidioso.

Cerchiamo di dare più concretezza. “Con” è il prefisso della relazione (con/iuge, com/pagno, com/plice…); conferma che la pienezza di qualcosa si raggiunge “insieme, con”; questo si dice anche per il con/forto o per il cuore che richiede con/cordia. Papa Francesco più volte ricorda che da soli non si va da nessuna parte. Dunque, consolazione è ciò che ci restituisce pienezza, interezza, nel vivere e frequentare le persone, al contrario di de-solazione che significa isolarsi, tagliare, scoraggiare, affliggere…, dove il “de” indica privazione (D’Avenia).

Chi è «con-solato», sentendosi amato, almeno dallo Spirito divino, si sente in pace con sé stesso e non ha paura, a sua volta, ad amare e consolare: infatti libera attorno a sé energie creative, genera legami, provoca emozioni, dà coraggio…, come è successo agli apostoli nella Pentecoste. Spirituale non è, come purtroppo si tende a considerare oggi, essere lontani dalle cose terrene, ma ‘respirare pienamente’ in mezzo alle cose del mondo, belle o brutte…, senza soffocare, per trovare la vita che hanno dentro: far la lavatrice o la spesa può essere più spirituale del leggere e pregare; non è l’azione in sé che determina il positivo, ma l’amore e la passione che mettiamo in quell’azione. E questo non dipende dalle nostre capacità, ma dall’azione efficace dello Spirito. Buona Pentecoste e buon soffio dello Spirito.

Don Riccardo