Sintesi dell’incontro del 12 settembre 2022 nella Settimana della Chiesa mantovana
cantiere
 
CANTIERI PER UNA CHIESA IN MISSIONE
 
INCONTRARE IL VANGELO SULLE STRADE E NELLE CASE DELLA GENTE
 
prof. Pier Paolo Triani
 
Il tema, attinto dall’ingresso di Gesù nel villaggio di Betania e dall’accoglienza nella casa di Marta e Maria
(Lc 10, 38-42), si sviluppa all’interno del Sinodo della Chiesa italiana, collegandosi ai sinodi diocesani per
camminare insieme e condividere i doni. Come si può oggi essere Chiesa per testimoniare il Vangelo?
1.- L’orizzonte dell’incontro: missionarietà e sinodalità.
1.1.- La Chiesa è missionaria per sua natura ed è animata da un doppio desiderio: rispondere al mandato di
Gesù e condividere il dono ricevuto. “Non possiedo né argento né oro, ma quello che ho te lo do: nel nome
di Gesù Cristo, il Nazareno, alzati e cammina!” (At 3,6). Noi possiamo dare la speranza del Vangelo.
Crediamo di essere figli dello stesso Padre e che siamo fratelli e sorelle, salvati dall’amore del Padre. E
l’amore del Padre è per tutti: è faticoso crederlo, ma ci aiutiamo a farlo. La missionarietà è il desiderio di
condividere, è desiderare che l’altro possa incontrare la Parola buona, a partire da quelli di casa.
1.2.- La Chiesa missionaria è sinodale. Non si è cristiani da soli. Si cammina insieme, in una Chiesa che
cresce condividendo. La fede è un dono perché cresce donandola, condividendo quel talento che abbiamo
ricevuto.
2.- Pazienza e coraggio dell’incontro e dell’ascolto.
Incontrare il Vangelo sulle strade e nelle case: perché? Non dobbiamo aspettare che le persone vengano,
ma dobbiamo condividere con pazienza i doni ricevuti laddove le persone vivono, dove possiamo incontrare
segni del Vangelo: l’altro può essere parola che mi svela il Vangelo. Alla sera possiamo chiederci: “Che segni
di Vangelo mi ha detto la vita oggi?”. Una comunità in cui non si riportano i segni della vita cristiana tende a
morire. Dobbiamo ascoltare e domandarci come il Vangelo ci chiede di cambiare le cose, stando nel
mondo.
3.- Cantieri: strade e case.
Come possiamo stare nel mondo da cristiani? La Gaudium et Spes ci ricorda che le gioie e i dolori del mondo
sono quelli dei cristiani, che condividono il mondo di tutti. Dobbiamo ascoltare e comprendere fino in
fondo i desideri e le ferite, condividere ciò che ci accomuna. Dobbiamo recuperare la fiducia che in ogni
persona c’è un desiderio di felicità, di pienezza, di senso, di una storia, di un nome proprio che ti riconosca.
È importante riconoscere le ferite: malattia, solitudine, frammentazione, fretta, difficoltà a lavorare
insieme, chiusure, fatica a fermarsi, fatica di trascendenza! Le nuove generazioni stentano a capire la
trascendenza, hanno bisogno di persone che li accompagnino in esperienze significative verso una maturità
spirituale. Dobbiamo mettere al centro l’ascolto sulle strade, nei villaggi, nelle case; sintonizzarci di più sui
desideri profondi e sulle ferite delle persone. Come comunità cristiana abbracciamo tutta la vita: bambini,
ragazzi, giovani, adulti, vecchi; partendo da ciò che c’è già, nei gruppi di ascolto reciproco, per portare a
tutti la speranza. E per consegnare ai giovani un futuro-promessa anziché un futuro-minaccia, nonostante la
crisi ambientale che stiamo vivendo.
4.- Come vivere questo tempo di trasformazione in cui le comunità cristiane stanno diminuendo? Con quale
stile?
 
Ci sono due tentazioni, evidenziate da papa Francesco: il pelagianesimo e lo gnosticismo. Il pelagianesimo è
la tentazione di cambiare solo dopo aver attivato tutte le strutture ritenute necessarie per poter costruire
qualcosa di nuovo, dichiarando che cosa si deve dismettere; è un errore perché il Vangelo non è questione
di strutture. Lo gnosticismo, invece, pretende di sapere già tutto con chiarezza prima di cominciare; anche
questo non va bene perché lo Spirito soffia dove vuole. Dobbiamo rinunciare alla fiducia totale nelle
strutture e nelle idee, anche se questo non significa che strutture e idee non servano. Con questo stile:
4.1.- mettere al centro l’incontro, l’ascolto, le relazioni delle persone; sottolineare la centralità delle
persone, costruire pratiche a misura di persone;
4.2.- curare un linguaggio che parli al cuore, come chiedono i giovani; un linguaggio fatto dall’esperienza;
4.3.- dare punti di riferimento nelle comunità: luoghi, date, orari,...;
4.4.- avere a cuore la comunità e le relazioni, non solo i servizi, perché ciò che testimonia il Vangelo è la
cura della comunità; non confondere i ministeri con le funzioni; costruire relazioni tra comunità diverse che
magari hanno lo stesso parroco per il venir meno di molte vocazioni.
5.- Conversione pastorale.
La conversione pastorale è:
- riconoscere che siamo preceduti e possiamo solo collaborare all’azione della Grazia;
- rilanciare la cura della prossimità e l’ascolto dell’altro, a partire da dove si vive;
- riprendere lo sforzo del pensiero e della riflessione teologica;
- favorire le reti sul territorio, con le istituzioni;
- responsabilizzare le persone, in particolare i giovani, perché capiscano la logica del dono;
- valorizzare le competenze presenti sul territorio che potrebbero aiutare la comunità;
- ritornare ad animare le cose temporali: il lavoro in un contesto più umano, la politica per il bene comune,
la scuola con al centro le persone, la cura della Terra, l’economia al centro della dimensione umana.