Il pastore dormiente sa che quel riposo non basta mai, sa che sempre gli mancherà qualcosa capace di riempire di meraviglia la vita, di gioia o di alternativo al lavoro stesso, così da risolvere il grande enigma dell’esistenza: esiste qualcosa capace di rendere il lavoro riposo, la fatica gioia, le ore del giorno pace, la preghiera ricchezza interiore? Quel pastore ci rappresenta quando vorremmo fuggire dall’agone del mondo che si è fatto troppo arduo, quando nel cuore non c’è pace, l’amore degli altri non ci raggiunge, facendoci sentire soli anche in mezzo alla folla. Gli altri ci toccano, ma la nostra parte più interiore non è toccata dalla grazia, dalla bellezza, dalla gioia. Meglio dormire e aspettare che il sonno ci avvolga. Dormire è un po’ come morire…: solitamente è una esperienza in orizzontale. Dormire ci prepara a una posizione definitiva. Eppure, nella notte oscura del nostro cuore…, può levarsi una stella, una novità, una buona notizia che rinnova tutto, che accende speranza e scaccia la paura. Omero ci regala una delle sue più belle similitudini, che sembrano descrivere il pastore spaventato e meravigliato, dalle stelle: «Come quando le stelle nel cielo, intorno alla luna che splende, appaiono in pieno fulgore, mentre l’aria è senza vento né movimento; e si profilano tutte le rupi e le cime dei colli e le valli… e uno spazio immenso si apre sotto la volta del cielo, e si vedono tutte le stelle, e gioisce il pastore in cuor suo» (Iliade, VIII, 555-560).
Il secondo pastore invece trova un motivo per stare in piedi ed essere verticale, attraverso la gioia del cuore, provocata dalla meraviglia del dispiegarsi del firmamento. Si sente chiamato ad essere verticale, da una forza di gravità che chiama verso l’alto, riempiendo di bellezza la fatica quotidiana. Non è forse quello che Dio fa sperimentare ad Abramo, quando lo invita a uscire dalla sua tenda per mettersi in viaggio senza ancora una mèta, gli dice: «Esci fuori, guarda il cielo…, la tua discendenza sarà superiore al numero delle stelle. Abramo viene risvegliato dal suo sonno, dal suo ristretto giro di vita e chiamato a una nuova meraviglia, a testimonianza della quale Dio gli mostra il cielo stellato, e nulla più. Allora il pastore Abramo si mette in viaggio, la volta celeste lo invita al volo, non folle e non frutto di semplice immaginazione. Viene messo da parte il dubbio che si trasforma in certezza. Il pastore veglia attende qualcosa e diventa attento. Attenzione e Attesa hanno la stessa radice, ci si mette in cerca dei segnali che facciano scoprire l’antidoto al tedio, alla noia, alla fatica e che diano un senso alla fatica, alla noia al tedio che, purtroppo non mancano al nostro vissuto. La vita del pastore è rinnovata dal di dentro e costantemente, il piccolo diventa immenso.
È la stessa esperienza dei Magi guidati dalla stella verso la luce di una nuova nascita. Se il Natale non desta in noi questa meraviglia, rimarremo semplicemente dormienti, non ci renderemo conto di nulla e rimarremo chiusi nel nostro ristretto giro di cose, che poi si rovinano e finiscono con l’annoiarci. Eppure, sappiamo quanto si parli nel Vangelo della necessità di 'vegliare', sembra quasi essere l’invito più pressante, tra vergini stolte, servi addormentati o pigri, discepoli oppressi dal sonno. L’avvento e poi il Natale sono l’annuale occasione che ci è data per scoprire il segreto delle stelle, vera metafora della gioia stabile del cuore, come promessa scritta nelle cose: c’è una STELLA in arrivo, per cui vale la pena essere verticali e guardare in alto. Ricordiamo però che è necessario riposare, proprio per essere pronti nel cammino quotidiano. Camminare e riposare saranno un unico gesto festivo e la ferita della paura, della stanchezza, della mancanza, della fatica…, si rimarginerà a poco a poco, grazie alla luce Stella. Buon Natale!
( potete cercare su internet le immagini de pastori dormiente e in piedi, per ricordare il messaggio natalizio)