Il precedente messaggio sulla fragilità ha aperto il campo ad un altro tipo di sofferenza, molto acuta e purtroppo anche diffusa: l'angoscia. Apparteniamo a un'epoca ancora immersa nel godimento di un benessere materiale ignorato da molte delle precedenti generazioni ma, allo stesso tempo, ossessionata dal pensiero di probabili, imminenti e imprevedibili calamità, come la guerra, le catastrofi ecologiche, le crisi economiche e, più radicalmente, i rischi per la sopravvivenza stessa della nostra specie. La nostra epoca è caratterizzata anche dal caos, che lo sviluppo e l'esplosione dei nuovi dispositivi di Intelligenza Artificiale non fanno che aumentare. Molti problemi sono spinosi, divergenti, non trovano soluzione, anzi spesso, mentre si cerca di risolvere un problema, se ne generano di nuovi. In questo contesto il mito della sicurezza è diventato illusorio. Occuparsi dell'insicurezza poi, provoca ancor più insicurezza e forse questa è la radice dell'angoscia culturale, che, purtroppo, vale anche per la fede. Come credenti abbiamo un compito educativo e sapienziale rispetto a questa generazione con cui condividiamo i destini. Consapevoli del programma di fondo tracciato da Gesù, possiamo passare dall'esperienza passiva di una insicurezza inevitabile, alla mancanza di tranquillità di chi non si sente soddisfatto nell’integrare la conoscenza empirica con la vita spirituale. Molti degli avvenimenti della storia della salvezza ci rivelano che nell’incertezza può nascondersi anche una buona opportunità. È un po’ come indicato nella fragilità, che può trasformarsi in opportunità di crescita. La condizione di incertezza, anche dal punto di vista pastorale, può essere superata.
L’angoscia è uno stato di intensa sofferenza interiore, che può esprimersi in ansia, paura, depressione, anche in eventuali sintomi fisici. Può manifestarsi di fronte a stati di incertezza contro qualcosa che percepiamo di non poter controllare o prevedere. Quando sorge questa paura, la preoccupazione si intensifica fino a provocare pensieri inopportuni o preoccupazioni ricorrenti. Situazioni apparentemente innocue come affrontare una situazione improvvisa, fare delle scelte, aspettare una risposta, o anche confrontarci con qualcosa che riteniamo di non essere in grado di fronteggiare, può generare angoscia. Spesso è un’emozione che può provocare una profonda tristezza, può farci sentire stanchi, depressi ed immersi in sensazioni di scoraggiamento, rimpianto, infelicità.
Anche Gesù sperimentò l’angoscia: “Giunsero a un podere chiamato Getsemani e disse ai suoi discepoli: “Sedetevi qui, mentre io prego”. Prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni e cominciò a sentire paura e angoscia. Disse loro: “La mia anima è triste fino alla morte. Restate qui e vegliate”. Anche sulla croce grida “Dio mio, Dio mio perché mi hai abbandonato? (Mc 15,34). Ma alla fine Gesù è consapevole di poter affrontare e vincere la morte che è l’espressione più alta dell’angoscia. Non è facile dare indicazioni per curare gli stati di angoscia; può essere utile l’aiuto di suggerimenti psicologici, ma sicuramente possiamo combatterla non chiudendoci in noi stessi e pensando il più possibile positivo. In questa ottica, una chance è certamente la dimensione spirituale, che non può mai, se vera, essere negativa, ma sempre aperta ad una soluzione di positività. Per combattere l’angoscia abbiamo a disposizione anche l’allenamento quotidiano della preghiera, la fiducia nella Provvidenza e nell’azione dello Spirito, l’impegno della carità verso le persone in difficoltà. «Se qualcuno mi ama – dice Gesù – custodirà la mia parola», manterrà la fiducia. «Il Padre mio lo amerà, noi verremo a lui e prenderemo dimora presso lui». (Gv 14,23)
Grazie per l'ascolto e la pazienza... speriamo di passare la prossima volta a qualcosa di più positivo. Don Riccardo