Sento il bisogno di tornare su uno dei capisaldi della vita cristiana, urgente in questo tempo della nostra storia: la speranza. “Sperare contro ogni speranza” scrive San Paolo in Rm4,18. È ancora ampiamente sfruttato il detto di Cicerone: “finché c’è vita c’è speranza”. È proprio vero? Non so, sinceramente, se oggi, in questo traballante momento storico, sia dato ancora il giusto spazio alla speranza. La mancanza di sicurezza, di obiettivi, la paura di un domani incerto a livello individuale, sociale e comunitario, rendono fragile questa virtù. Questo vale anche per il cammino pastorale della chiesa. Porto alcuni esempi della crisi speranza: le frequenti situazioni di disperazione, l’inaudita violenza sempre più quotidiana, la superficialità soprattutto nel mondo giovanile, i diffusi omicidi domestici, le prove della sofferenza e della morte aumentate nel tempo del covid, le guerre conosciute e sconosciute, il rischio nucleare atomico, il disastro ambientale, l’afflusso dei migranti, la progressiva anzianità …C’è davvero da spaventarsi. È giusto però anche ricordare che non mancano tante buone opportunità nella vita di oggi, non tutto è da buttare. Possiamo verificare che il venir meno della speranza si diffonde dove la vita umana non tiene conto di Dio, non interessa la sua Parola, non accetta l’invito al banchetto eucaristico, e accetta supinamente la spossatezza, la vacuità e soprattutto la tristezza. Sono davvero numerosi gli avversari della speranza. Ne consegue che si perdono facilmente gli orizzonti valoriali della vita, lasciando spazio alla verbosità di vuoti discorsi, al mettere tutto in discussione, dell'irrequietezza, alla mancanza di calma, all'instabilità nelle decisioni, alla rincorsa affannosa a continue nuove sensazioni… Tutto questo allontana dalla speranza, favorendo chiusura, paura, indignazione, inquietudine, incertezze sul futuro, su ciò che ne sarà del mondo, dei ragazzi, delle nazioni, della cultura, della religione, dell'umanità…
Ma non possiamo arrenderci, lasciarci sovrastare dallo scoraggiamento. Dobbiamo trovare la forza di ripartire, ciascuno nel proprio ambito di vita. Come? Prima di tutto è importante cambiare registro, sotterrare il pessimismo diffuso e cercare di rendere possibili le ragioni della speranza. È proprio impossibile trovare strade e opportunità che aprano le porte alla speranza? Anche se nulla è semplice, in questo ambito di ricerca dobbiamo innanzitutto armarci di forza interiore, con uno stile di vita proiettato ad alzare lo sguardo verso i grandi ideali, fino ad aprirci non solo alla nostra coscienza, ma anche alla dimensione del cielo e del divino. La speranza infatti scende dall'alto, ha in Dio la sua origine. Parliamo di una virtù teologale, la cui origine non è terrena, non si sviluppa a partire dalla nostra vita, dai nostri calcoli, dalle statistiche, dalle inchieste, ma dal pensiero di Dio. Questo tipo di speranza è abbandono vero e sincero alla volontà di Dio per sostenere e illuminare il cammino della vita. Quando tale atteggiamento è radicato nel cuore, è più facile superare la paura, affrontare la sofferenza, reagire alla fatica e anche accettare la morte. Come possiamo cogliere i segni di tale speranza? Non semplicemente con il buon umore, la buona salute, la riuscita nei nostri progetti, il riconoscimento delle nostre potenzialità…, se pure anche questi sono segni e doni della Provvidenza. La vera speranza emerge dal non perdersi d’animo nei momenti di difficoltà, nel saper riconoscere la provvidenza divina nei momenti di crisi, nel saper guardare con serenità all’ ‘oltre’ di questa vita, a ciò che non dipende dai nostri smarrimenti, è l’aprirsi alla dimensione benefica e salutare della vita, già operante in questo cammino terreno. Nella cappella degli Scrovegni, Giotto dipinge la speranza con il volto pacificato che spicca il volo, con le mani protese verso la corona della gloria, verso il regno della eternità felice, vestita di bianco con le ali tese verso l’alto. Al contrario, disegna la disperazione con una corda al collo, il volto devastato e i pugni contratti.
Charles Peguy, scrittore e poeta francese, definì le virtù teologali come tre sorelle:
la Fede è una Sposa fedele, la Carità è una Madre totalmente disponibile, infine, la Speranza è una Bambina, che prende per mano le sue due sorelle e le conduce alla ricerca del tesoro nascosto.
Quali sono i momenti in cui sento il bisogno di speranza?