statuine

Dio fece il Presepe del Mondo perché suo Figlio un giorno vi abitasse. L’uomo, creando il presepe, ricrea sé stesso e scopre l’essenza di quel mondo che è chiamato ad abitare, coltivandolo e custodendolo. Ci facciamo aiutare nella riflessione da due pastori del presepe, posto che nei personaggi del presepe è l’uomo di tutti i tempi che si rivela, con i suoi pregi e i suoi difetti.                            

* Nel presepio troviamo adagiato da qualche parte il pastore coricato e addormentato (anche nel Natale di Giotto San Giuseppe è solo e addormentato) e ben dritto da qualche altra parte, il pastore a bocca aperta che guarda o indica la Stella, colto da una meraviglia incontenibile. È bello pensare a questi due personaggi come a uno solo, colto in due momenti diversi. Il sonno tranquillo del primo, meritato riposo di chi ha lavorato tutto il giorno e che proprio in quel riposo cerca la cura di una vita spesso piena di dolore, noia, fatica, ripetitività… Il pastore dormiente sa che quel riposo non basta mai, gli manca sempre qualcosa capace di riempire di meraviglia, di gioia la vita e il lavoro stesso, così da risolvere il grande enigma dell’esistenza: esiste qualcosa capace di rendere il lavoro riposo, la fatica gioia, le ore del giorno pace? Quel pastore ci rappresenta quando vorremmo fuggire dalla lotta del mondo che si è fatto troppo ardua, quando nel cuore non c’è pace, l’amore degli altri non ci raggiunge, sentiamo paura, versiamo lacrime e ci sentiamo soli anche in mezzo alla folla. Gli altri si avvicinano, ci toccano, magari per svegliarci…, ma il nostro cuore non è toccato dalla grazia, dalla bellezza, dalla gioia. Meglio dormire, non pensare e rimandare oltre… Pensiamo cosa significa vivere in orizzontale, coricati: vuol dire essere fermi, senza movimento, potremmo dire in attesa della fine (?!), in fondo dormire e morire hanno la stessa posizione.

* Eppure, nella notte oscura del nostro cuore, della nostra vita quotidiana può levarsi una stella, una novità, una notizia che rinnova tutto, che accende una speranza dentro la paura (questo significa incontrare Dio). Il pastore trova un motivo per mettersi in piedi, per essere verticale, attraverso la gioia del cuore, provocata dalla meraviglia del dispiegarsi del firmamento, si sente chiamato a mettersi in piedi, nasce nel suo cuore una forza di gravità che lo spinge al contrario, lo chiama verso l’alto e riempie di bellezza la fatica quotidiana. Non è forse quello che Dio fa sperimentare ad Abramo, quando lo invita a uscire dalla sua tenda per mettersi in viaggio, gli dice: «Esci fuori, guarda il cielo e conta le stelle»? La sua discendenza sarà superiore al numero delle stelle. Abramo viene risvegliato dal suo sonno, dal suo ristretto giro di cose e chiamato a una pienezza nuova, a testimonianza della quale Dio gli mostra il cielo stellato. Allora il pastore Abramo si mette in viaggio, la volta celeste lo invita al volo, non folle e non frutto di semplice immaginazione, come succederà ai Magi. Il pastore si sveglia e veglia, attende qualcosa e diventa attento, attenzione e attesa hanno la stessa radice, si mette in cerca dei segnali che facciano scoprire l’antidoto al tedio, alla noia, alla fatica, che diano senso anche alla fatica, alla noia e al tedio. La vita del pastore viene rinnovata costantemente da dentro, il piccolo diventa immenso. Se il Natale non desta in noi questa meraviglia rimarremo dormienti, non ci renderemo conto di nulla e rimarremo chiusi nel nostro ristretto giro di cose, che poi si rovinano e finiscono con l’annoiarci. Sappiamo quanto nel Vangelo si parli di necessità di 'vegliare': sembra quasi essere l’invito più pressante tra vergini stolte, servi addormentati o pigri, discepoli oppressi dal sonno. Prima l’avvento e poi il Natale sono l’annuale occasione per scoprire il segreto delle stelle (desideri, intuizioni, sogni, mete da raggiungere). C’è una Stella in arrivo, per cui vale la pena essere pronti in piedi. Riposare è necessario solo per essere più pronti al cammino del giorno dopo. Camminare e riposare sono un unico gesto festivo e la ferita della noia, del tedio, della paura, della stanchezza, si rimarginerà a poco a poco.