Stiamo vivendo una Settimana Santa particolare. All’inizio della quaresima abbiamo lasciato Gesù nel deserto, tentato dal diavolo (colui che allontana da Dio), che gli ha promesso che sarebbe tornato in un altro momento, quello di Gesù sulla croce. Ecco l’ultima tentazione: “se tu sei il Re dei Giudei, scendi dalla croce e salva stesso” (Luca 23,35). Ma Gesù non cede, accetta fino in fondo la volontà del Padre “fino a rendere lo spirito”. Anche noi, nel deserto della nostra vita, possiamo avere a che fare con nemici, soprattutto interiori, che inquinano la nostra vita. Proviamo a riconoscerli.
*Il primo è il *disprezzo di sé:* «Me infelice! Chi mi libererà…?» ( 7,24). Non mi piaccio, non vado bene, la mia vita non mi soddisfa. Il disprezzo può manifestarsi a tutte le età. Una voce sorda e sinistra sussurra al nostro cuore che non andiamo bene, a causa del nostro aspetto, dei nostri errori, dei nostri limiti, del giudizio degli altri, delle debolezze…: il risultato è un sottofondo nero che imbruttisce la tavola della nostra vita. È vero, questo nemico è potente, ma esiste un Re molto più potente, che imbandisce il tavolo di frutti buoni e saporiti presenti nel suo regno che non avrà fine.
* Un secondo nemico è *l’isolamento* , che sentiamo quando gli altri ci guardano male, ci giudicano, ci svalutano… e così ci chiudiamo in noi stessi, in auto-difesa, con il grande rischio dell’isolamento. Ingigantiamo o inventiamo tante paure, la fatica del confronto, del sentirsi da meno degli altri, del non essere considerati… La perdita dell’anima è ciò che può accadere quando siamo invischiati e immersi nel nostro ego, scollegato dal reale. Questo porta a sentirci vuoti, persi, senza speranza, fino a sfiorare la depressione. Questo nemico si vince soltanto con un forte legame con il divino: “Non avrai altro Dio all’infuori di me”.
* Anche *l’invidia* si può presentare come nemico: non mi piaccio, non sono considerato come gli altri, non mi sento contagiato dalla loro felicità. Ha inizio allora il brutto giochetto che spegne il credere in sé stessi, fomentando l’invidia degli altri e anche delle persone vicine. L’invidia diventa un tentativo alquanto maldestro di recuperare la fiducia, la stima in noi stessi, svalutando l’altro. È dunque il frutto di un processo: c’è il confronto, l’impressione devastante di inferiorità e di impotenza e poi la reazione aggressiva. L’invidia è quindi un tentativo di reprimere ciò che attiva la nostra disistima, attraverso la svalutazione distruttiva del modello a cui vorremmo assomigliare. L’india si combatte con il volere il bene di se stessi e di accettarci per quello che siamo.
* C’è, in questi giorni, anche un nemico inatteso, la *guerra* . San Giacomo scrive nella sua lettera: “combattete e fate guerra” (10,2). Si fanno guerre, battaglie, si combatte non per raggiungere grandi ideali, per realizzare progetti di crescita, per combattere il male o le strutture corrotte, ma…, si vive semplicemente, per fare polemica. “Polemica” è una parola che deriva dal greco ‘pólemos’, che significa guerra. ‘Polemico’ è uno che fa la guerra. Si combatte perché non si ottiene quello che vogliamo e, non ottenendo lo scopo, finiamo per essere arrabbiati contro il sistema che ci delude. È vero che fare guerre e combattere battaglie non è da noi, è cosa dei potenti, dei capi di stato. Ma l’apostolo Giacomo intende partire dal basso, parlando delle liti, delle divisioni, dei problemi che segnano le relazioni, le famiglie, le comunità, insomma tutte le nostre piccole e grandi battaglie. Queste controversie nascono dalle passioni, dagli istinti, dai desideri impropri, dalle nostre voglie… e da tutto questo ne consegue bramosia, desiderio di avere, dominare, al punto di fare guerra, invidiare e uccidere. Questo poi si moltiplica ai livelli più alti, fino ai più drammatici delle guerre tra nazioni, cosa che intristisce non poco. “Vi lascio la pace, vi do la mia pace” (Gv 14,27). Ancora una volta, è la Pace che viene da Dio che può vincere la guerra.
*L’ultimo nemico a dover essere annientato è la *morte* . A onor del vero contro questo nemico non abbiamo grandi chance; per vincerlo ci è chiesto soprattutto la fiducia in Gesù, nella sua capacità di vincere la morte. Gesù ha dimostrato in molti modi di poter sconfiggere la morte. Il gesto più eloquente è stato nel riportare in vita l’amico Lazzaro, dopo che già da quattro giorni era stato posto nel sepolcro. Gesù ci ha insegnato che il mezzo più forte per contrapporsi alla morte è l’amore. Le due parole, morte e amore, hanno la stessa radice ‘mor’; la parola a/more inizia con la ‘a’ privativa, nel senso che toglie la morte. L’amore dunque vince la morte, perché Cristo ha vinto la morte. Non ho trovato altre spiegazioni più eloquenti.
Se in queste riflessioni trovate qualche buon motivo di augurio pasquale, mi portate gioia.
Don Riccardo