di don Egidio Faglioni

carlo ferrari intro

IN MEMORIA DEL VESCOVO CARLO FERRARI

Nel mistero insondabile di Dio, che è silenzio e pace infinita

Ho sotto mano tre testi del vescovo Ferrari: “Giorni di preghiera” Queriniana Editrice, Brescia, 1970 e un fascicolo dal titolo “Va’ da coloro a cui ti manderò: meditazione agli ordinandi del ‘76” e “Noi vescovi del Concilio” 1988.

Ho riletto volentieri queste meditazioni e mi pare di trovare alcuni punti forti: la contemporaneità di Cristo nella nostra vita e il valore del silenzio.

“La persona è accoglimento, è dono, è comunione. E’, quindi, fare in noi il vuoto del nostro io per accogliere il dono di Dio, la sua grazia, la sua fede, il suo modo di vedere e di giudicare le cose, la sua energia, la sua forza soprannaturale, per essere in grado di donarci. Ma non donare noi stessi, così come siamo nella nostra povertà, nella nostra miseria, nel nostro peccato, ma donare ciò che abbiamo ricevuto. Come nella Santa Messa offriamo a Dio “de suis donis ac datis”, così ai nostri fratelli offriamo ciò che riceviamo da Dio.

Tento di elaborare anche alla luce di altri scritti questo pensiero teologicamente perfettissimo per capire qualcosa dell’apostolato. In questo processo di ministero di apostolato non tutto dipende da noi; Lui ci previene e prende l’iniziativa da lontano, ci ama, ci prende per mano e (mediante il dono del suo Spirito) ci rende possibile la relazione di fiducia e di amore con Lui.

            Ora, qualcuno potrebbe temere che il fatto di concentrarsi in modo così radicale su Gesù crocifisso e resuscitato e presente in mezzo a noi rappresenti una riduzione e una indebita assolutizzazione. Ma tale timore è infondato. La relazione con Lui non ci impoverisce e non ci distoglie da Dio, dal mondo e dal prossimo. La relazione viva con il Cristo ci immette piuttosto in una distesa sconfinata, perché si apre all’amore infinito di Dio e alla solidarietà pratica universale con tutti gli uomini e con tutte le creature. Per questo nei confronti di Gesù crocifisso e risorto possiamo fare una cosa, che non è responsabile e confrontabile fare nei confronti di altri uomini, e cioè affidarci a Lui con una fiducia senza riserve e aderire completamente a Lui.

Questo intende dire il vescovo Ferrari quando parla della fede in Cristo nostro contemporaneo.

Occorre poi accogliere il silenzio, una dimensione di cui l’uomo di oggi ha urgente bisogno e tanto più il cristiano. Solo il silenzio ci permette di acconsentire al non detto, di ascoltare il Signore. La preghiera cristiana è innanzitutto ascolto. Non è necessario dire tante cose. Tutto l’antico e il nuovo testamento è ritmato da questa esortazione all’ascolto del Signore: “Ascolta, Israele”; oppure: “Ascoltatelo!”, detto dal Padre sul Figlio Gesù Cristo. L’ascolto è il primo atteggiamento del cristiano. E l’ascolto non è semplice, richiede un lungo apprendistato, perché occorre far tacere se stessi, occorre imparare a discernere la presenza di Dio, occorre arrivare, dopo un lungo tragitto, a riconoscere le visite del Verbo, il Verbo cioè che ci visita con la sua presenza elusiva, con una presenza che noi non riusciamo a trattenere e neppure a descrivere, tanto è ineffabile (cfr. pag. 81). Eppure chiunque conosca la preghiera cristiana nelle sue dimensioni profonde, vere e autentiche, sa che cosa sia la visita del Verbo, soprattutto quando si è impegnati nella meditazione delle Scritture, nella contemplazione della Parola divina attraverso la quale il Signore si fa presente e ci visita.

Il vescovo Ferrari ripetutamente invita gli ordinandi sacerdoti del ’76 a conservare questa pace del cuore che è il più prezioso di tutti i beni, e che permette di lavorare di più, esaurendosi meno: è il “riposo della contemplazione” che impedisce di essere schiacciati dalle occupazioni esteriori e dalle tristezze interiori.

La “profondità” del silenzio può essere conservata anche in mezzo alle occupazioni. Essa impedisce alla persona di dissiparvisi e di logorarvisi. Santa Caterina parlava del cuore come di una “cella interiore” in cui si ritorna come spontaneamente per trovare la pace di Dio. Il prete in particolare deve essere interiormente pacificato. È la condizione dell’apostolato. Sì, sprofondarsi ogni giorno un po’ di più, nel mistero insondabile di Dio, che è silenzio e pace infinita. Un solo sguardo verso queste cose, rapido come il lampo, è sufficiente a purificare e a ingrandire i nostri poveri cuori.

La sola fedeltà nella fede, man mano che passano i giorni, scava insensibilmente l’anima ai misteri del cielo, e oltre tutte le onde, una pace invade i recessi dell’anima.

Termino lasciando la parola al vescovo Ferrari: “Cristo deve diventare la persona più viva della nostra coscienza e deve diventare la persona più viva nella coscienza dei nostri fratelli perché se non avviene questo non avviene un riferimento…”

                                                                                               Mons. Egidio Faglioni

Mons. Carlo Ferrari venne nominato vescovo di Monopoli il 17 aprile 1952 e trasferito a Mantova nel 1967. Partecipò a tutte le sessioni del Concilio Ecumenico Vaticano II e curò la predicazione nello spirito del Concilio. Durante il suo mandato furono completati i lavori del seminario di Mantova. Dal 1979 al 1986 fu membro della Commissione per la Dottrina della fede, la catechesi e la cultura. Si ritirò dalla diocesi il 28 giugno 1986. Mori il 1º dicembre 1992 a Verona e venne sepolto nel Duomo di Mantova.