Della mia esperienza in Bosnia posso dirvi ….. Avanti, c’è posto !

I rapporti tra la nostra Chiesa di Mantova e quella di Banja Luka in Bosnia Erzegovina sono datati dalla metà degli anni ’90. Doveva ancora terminare il conflitto balcanico e tramite la Caritas cominciarono una serie di iniziative per aiutare e supportare le attività che la chiesa di Banja Luka aveva messo in atto a favore delle popolazioni bosniache. La Caritas di Mantova era già presente con iniziative (adozioni a distanza, aiuti per le famiglie povere etc.) nell’area balcanica specialmente in Croazia e in Albania. L’evento bellico però dette un impulso maggiore alle iniziative sotto la guida dell’allora direttore don Claudio Cipolla oggi vescovo in Padova.

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Don Claudio Cipolla con il vescovo Caporello e il vescovo Komariza durante l’incontro a Mantova con le chiese sorelle dell’Est

S’intensificarono sempre più i progetti di aiuto alle famiglie e si allargò la partecipazione alle adozioni a distanza di ragazzi per garantirne la prosecuzione degli studi ma anche per integrare il reddito famigliare. Con il conflitto ancora in atto le necessità erano soprattutto di beni di prima necessità: alimentari, vestiti e quanto potesse servire per sopravvivere.

Lo stesso vescovo di Banja Luka Mons. Franjo Komariza, aveva trasformato la propria sede episcopale in un vero e proprio “sagrato“ entro il quale trovavano rifugio le famiglie cattoliche, o quanto di esse rimaneva, per la distribuzione di cibo, medicinali, vestiti etc. Al posto degli uffici curiali sorsero ambulatori e mense; il cortile della curia trasformato in un tendopoli per ospitare i senza tetto. Alla fine del conflitto pur continuando le relazioni e gli aiuti,un evento che ha segnato un’evoluzione dei rapporti tra le due chiese sorelle di Mantova e Banja Luka, è stato quello del Giubileo del Mondo Rurale. Nata da un’idea di Luigi Zanardi (allora presidente di Confcooperative Mantova) e dalla Caritas ( allora direttore Giordano Cavallari ), questa iniziativa coinvolse tutte le istituzioni del mondo agricolo mantovano per dare un segno di vicinanza e solidarietà in occasione dell’anno giubilare del 2000.

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Una delle prime visite a Banja Luka con i rappresentanti delle associazioni provinciali mantovane per il Giubileo del Mondo Rurale

Fu in questo contesto che anch’io cominciai ad avere contatti con la Diocesi e la Caritas di Banja Luka. 

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Un trattore donato all’azienda agricola della Caritas di Banja Luka

Dopo un’iniziale raccolta di mezzi agricoli (trattori, macchine operatrici donate dai nostri agricoltori e allevatori della provincia) distribuiti alle famiglie rurali della zona, su richiesta anche del vescovo Komariza, prese corpo il progetto di creare un’azienda agricola che potesse procurare alimenti da distribuire alle famiglie in necessità ma anche creare dell’utile per finanziare, almeno in parte, le iniziative di carattere assistenziale che Caritas Banja Luka aveva in essere.

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Un sopralluogo per determinare il tipo di suolo dell’azienda da parte del Dr. Buffa

Con il supporto tecnico nostro e anche di Caritas di altre nazioni, si creò quindi questo primo nucleo aziendale su appezzamenti che appartenevano alla comunità di frati Trappisti presenti in città fin dal ‘800. Fu così possibile la coltivazione del frumento di poter fare il pane che di domenica dopo la messa era distribuito alle famiglie bisognose.

Iniziarono anche gli scambi di visite favorendo momenti di formazione a giovani agricoltori bosniaci che potevano vedere alcune applicazioni tecniche presso le nostre aziende in diversi settori della nostra agricoltura: zootecnia, produzioni orticole, frutticole e vitivinicole etc.

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Ragazzi dell’istituto per l’agricoltura di Banja Luka in visita per uno stage accompagnati dall’interprete

Rimane in me il ricordo delle prime visite a Banja Luka e nelle cittadine vicine e soprattutto è vivida in me l’immagine della tragedia vissuta dalle popolazioni. Non è stata una guerra ma si è svolta una “pulizia etnica “concetto, se si può ancora più atroce, giacché persone che fino a poco prima si rispettavano nelle proprie diversità di usi, costumi e fedi religiose, poi in poco tempo hanno cominciato a combattersi e uccidere. Ricordo con sgomento l’immagine di una chiesa distrutta e accanto a pochi metri una casetta intatta con le tendine di pizzo e i gerani sul balcone.

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                                                                   Una chiesa cattolica minata                                                 Particolari del tabernacolo

Negli anni l’azienda agricola allargandosi anche come terreni a disposizione, ha potuto dare lavoro a circa 20 persone. Il passo successivo, ricordo durante un incontro con il Vescovo Komariza, fu l’idea di costruire una stalla per la produzione di latte. La titubanza mia e di Luigi Zanardi per la complessità dell’opera fu sovrastata dalla determinazione del vescovo e dal direttore di Caritas Banja Luka Mons. Anicic e così , dopo una fitta serie di incontri di preparazione e progettazione si arrivò alla costruzione della stalla con l’immissione di un primo nucleo di vacche da latte.

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Immagini della stalla in costruzione

Il risultato fu ottenuto ovviamente con la compartecipazione molto sostanziosa di Caritas di altre nazioni e fu così che nacque parallelamente anche un’organizzazione tecnica ( ERRDO ) sotto la direzione di Caritas di Banja Luka per la gestione dell’azienda agricola nel frattempo ribattezzata “ Centro Agricolo di LIVAC “. Tramite quest’ organizzazione diretta dal Dr. Drazenko, anche lui agronomo come il sottoscritto, si è potuto iniziare sul territorio limitrofo, un percorso di miglioramento tecnico delle modalità di coltivazione e allevamento. L’azienda nel frattempo era divenuta meta di incontri e visite da parte degli allevatori della zona.

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Visite di allevatori all’azienda LIVAC

Erano maturati i tempi per un altro grande progetto che, con i fondi europei ed il preziosissimo supporto di Caritas Italiana: il Progetto AGRIDEVPLUS 1 e AGRIDEVPLUS 2 che ha favorito l’approfondimento teorico e pratico di tematiche legate al mondo della coltivazione e dell’allevamento. In questo modo nell’ambito delle attività durate circa tre anni, è stato possibile creare sul territorio delle associazioni di allevatori che si occupassero delle problematiche di settore e avessero un ruolo di consultazione nei confronti delle locali autorità amministrative.

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Un altro grande passo in avanti proprio in quegli anni si compiva. La tradizione trappista presente da secoli nel territorio fece si che accanto all’allevamento e quindi alla produzione del latte, si pensasse anche alla sua trasformazione in formaggio.

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Visita del presidente dell’associazione allevatori di Mantova Alberto Zilocchi accompagnato dal collaboratore e allevatore Gerolamo Scarduelli

Con finanziamenti della Comunità Europea dal 2014 è quindi attivo il caseificio aziendale che trasforma parte del latte prodotto in un formaggio di “tipo Trappista “molto apprezzato oltre che sul territorio bosniaco anche all’estero vincendo premi a concorsi internazionali.

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Il formaggio Trappista

Tutti i giorni un frate trappista del convento di Banja Luka, si reca in azienda e procede alla lavorazione secondo una ricetta tramandata e segreta.

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IL NOSTRO FRATE CASARO !!!

Il risultato è stato ottimo anche se l’entrata della Croazia in EU e soprattutto la recente crisi sanitaria hanno creato non poche apprensioni per la commercializzazione del formaggio e quindi la possibilità di finanziare le altre attività di Caritas sul territorio. Non dobbiamo dimenticare che non esistendo aiuti di stato alla chiesa cattolica, tutte le attività devono avere una loro sostenibilità economica. Altra importantissima caratteristica da sottolineare è che i beneficiari delle attività sia come fruitori che come operatori impiegati in esse sono persone non solamente appartenenti alla fede cattolica. Un segno distintivo che ha fatto del Vescovo Komariza, una figura di spicco nell’ambito del dialogo di riconciliazione tra le tre fedi maggiormente rappresentate sul territorio: cristiano ortodossa, musulmana e cattolica.

La Rotta Balcanica

Gli ultimi tre anni sono invece stati caratterizzati dalla tragedia della “Rotta Balcanica“

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Nel campo profughi di Velika Kladusa vicino a Bihac

ovvero dall’emergenza delle migrazioni che, partendo dai paesi martoriati dalla guerra nel medio oriente e nell’area circostante, attraverso la Grecia hanno portato queste persone, queste famiglie a incamminarsi lungo i paesi balcanici ( Macedonia,Montenegro, Serbia,Bosnia , Croazia e Slovenia) per arrivare fino alle nostre frontiere friulane. Caritas di Mantova ha promosso iniziative nella nostra diocesi di informazione ma anche di raccolta di aiuti secondo le necessità e le modalità che venivano trasmesse da Caritas Italiana vera coordinatrice di un’imponente opera di sostegno assieme ad altre associazioni italiane e straniere. La Bosnia è assurta alle cronache per la tragedia dei profughi soprattutto negli ultimi tre anni dopo che le vie di accesso in EU dell’Ungheria e della Croazia si sono interrotte e chiuse.

 In sostanza si è verificato un “ tappo “ nelle vicinanze della frontiera croata in Bosnia nella zona di Bihac cittadina che ricade nel territorio della diocesi di Banja Luka. Nei pressi della città sono sorti dei campi profughi ( Borici, Bira, Vujiac, ,Velika Kladusa e poi  Lipa ). 

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Nel campo di Velika Kladusa

Ogni giorno viene tentato il “ game “, così lo definiscono , per tentare di entrare in Eu attraverso la Croazia. Ma i passaggi sono difficili e pericolosi per le reazioni anche violente che le forze di polizia croate mettono in atto contraddicendo precisi accordi internazionali sanciti dalla comunità. Anche in Italia nella zona di Trieste e Gorizia sono stati più volte denunciati casi di respingimenti che qualcuno ha pensato bene di edulcorare l’atto chiamandoli piuttosto “ riammissioni “ in territorio di provenienza. Quindi si instaura un vero e proprio “ gioco dell’oca “ con ripartenze dal primo confine non comunitario: la Bosnia.

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Un nuovo tentativo di “ game “

La tragedia della rotta balcanica lontano dall’essere risolta, proprio in questi giorni invece quando l’inverno è alle porte, si riacutizza nella sua drammaticitò. Caritas Mantova ha finanziato in questi anni alcuni progetti che hanno potuto mantenere sia personale nella zona di Bihac che finanziare iniziative a sostegno dell’emergenza migranti.

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Michele, l’operatore mantovano che ha trascorso sei mesi a supporto delle iniziative di Caritas Italiana e Ipsia a Bihac

Caritas Banja Luka ha finanziato in primo luogo la creazione di una lavanderia per il campo profughi.

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Michele, l’operatore mantovano che ha trascorso sei mesi a supporto delle iniziative di Caritas Italiana e Ipsia a Bihac

Caritas Banja Luka ha finanziato in primo luogo la creazione di una lavanderia per il campo profughi.

e oggi ha aggiunto il suo impegno in centro di ascolto presso il campo profughi di Lipa in fase di ricostruzione dopo l’incendio che lo distrusse due anni or sono.

Queste poche righe certamente non vogliono e non possono riassumere tutti gli sforzi fino ad oggi profusi ma ancor più possono solamente far trasparire quanto ancora ci sia da fare a supporto delle iniziative di Caritas in Bosnia.

Importante in questo momento RACCONTARE e CONOSCERE quello che stanno vivendo i nostri fratelli sia per le tensioni che la Bosnia sta vivendo anche sotto il profilo politico per una assoluta mancanza di organizzazione statale e sia per la tragedia dei profughi che va a sommarsi ad una non certamente florida situazione economica e demografica in una nazione che continua ad essere interessata da un’emorragia di giovani che lascia il paese in una situazione di stagnante incertezza.

Oggi occorre quindi ripartire e rinfocolare impegno ed interesse che anche alle nostre latitudini ultimamente è molto scemato nonostante la nostra storica presenza e collaborazione con la chiesa di Banja Luka.

Gli ambiti nei quali operare avete capito che sono molti per cui ….. avanti, c’è posto !    

 

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