Anche noi, cristiani di oggi, ci impegniamo   ad essere testimoni credibili di Gesù Risorto.

Lasciamoci attrarre in questa avventura  da uomini e donne che hanno testimoniato con ardore la loro fede amando sempre e comunque come ha fatto e fa Gesù.

Nel 1985, circa un anno prima di morire, Maurizio così scriveva a sua madre:

 “… continuo a lavorare con ‘prudenza’ anche se a volte viene una gran voglia di alzare la voce tante sono le ingiustizie e tanta è la fame e l’umiliazione di questa gente. Ma forse è meglio andare avanti rispettando i tempi di Dio con pazienza, non è questo paura di esporsi, ma rispetto per la maturazione lenta della gente. Chi è carico di 500 anni di schiavitù non può in un balzo solo scrollarsi di dosso.

E’ già Pasqua: per chi muore di fame è l’annuncio di una speranza più forte della morte e anch’io cerco di farmi strumento di questo annuncio. Le comunità si incontreranno e con fede profonda collocheranno la croce di Cristo in mezzo alle loro croci, portate con dignità e con tanto dolore e canteranno la vittoria della vita, forza che aiuta a lottare per guadagnarsi il diritto a vivere.

…  I crocifissi di oggi continuano la storia del Crocifisso con la stessa certezza che genera speranza e gioia: Dio non abbandona il suo popolo che raggiungerà la “terra promessa” della pace e della giustizia. Prega per i morti, le loro famiglie e per tutti i poveri che lottano e credono.”

Dopo poco più di un anno Maurizio fu ucciso. Di questo evento così ha scritto don Gastone Tazzoli, sacerdote mantovano missionario in Brasile, a san Mateus, la stessa parrocchia di Maurizio.

“Padre Maurizio è martire: egli fa parte di quell’immenso corteo di vittime resuscitate che, in compagnia di Gesù, percorre la storia umana dalla fondazione del mondo fino alla grande celebrazione nella Gerusalemme del Cielo. “I segnati con il sigillo dell’Agnello, che sono passati attraverso la grande tribolazione e (lavarono) imbiancarono le loro vesti nel sangue di Gesù” (Ap 7,14).

Il martirio non si improvvisa: il martirio è un evento che avviene nell’ora della morte, ma è una spiritualità che segue tutta la vita di testimonianza del Regno ed è il frutto maturo della fedeltà pasquale a Gesù, Dio dei Poveri.

E, con certezza, fu la parola della coraggiosa denuncia e l’azione di Maurizio – e la testimonianza di tutta la chiesa di São Matheus – che maturarono la persecuzione dei potenti contro il pastore e contro il gregge.

  Ricordare il martirio di Maurizio significa così riscoprire un aspetto fondamentale del nostro Battesimo e della Missione della Chiesa: il Martirio è il cuore dell’autentica spiritualità cristiana. Il Martirio è lo stile di vita delle beatitudini annunciate da Gesù: “Beati voi poveri perché il Regno di Dio vi appartiene … Beati voi se gli uomini vi odiano, se vi espellono, vi insultano e maledicono il vostro nome, a causa del Figlio dell’Uomo. Rallegratevi in quel giorno, saltate di gioia, poiché sarà grande la vostra ricompensa nel cielo, perché fu così che i padri trattavano i Profeti” (Lc6). Vivere il martirio è vivere la gioia nella persecuzione e affermare che la fede sconfigge la paura."

CHI  E' DON MAURIZIO?

Nasce a Mantova il 9 febbraio 1946. La sua vocazione sacerdo­tale si manifesta in età adulta. Riceve l'ordinazione sacerdotale nella Parrocchia di Ognissanti il 29 giugno 1974 per le mani di Mons. Carlo Ferrari allora Vescovo dì Mantova. Esercita il suo ministero sacerdotale prima a Guidizzolo, quindi per un breve periodo a Castel D'Ario; poi come parroco a Cast."elnuovo. All'inizio del 1982 parte come missionario per il Brasile, dove svolge il suo nuovo ministero nella parrocchia di Saó Mateus in collaborazione con don Claudio Bergamaschi. Muore per mano violenta il 28 ottobre 1986.

"Conoscere la figura e l'attività di Don Maurizio Maraglio è di u­tilità per quelli che lo hanno conosciuto e per quelli che lo sco­priranno nel tempo. Don Maurizio è un uomo, un cristiano, un missionario: un uomo in carne ed ossa, concreto che da uomo ha vissuto la dimensione migliore, quella del cuore. II suo amo­re, sfrondato da ogni ombra di sentimentalismo, l'ha dimostrato pieno di tenerezza verso la mamma, verso i componenti della famiglia, verso i suoì confratelli al di qua e al dì là dell'Oceano e poi con tutte le persone che ha incontrato sulla sua strada: la sua è stata concretamente la preferenza per i poveri, non verso la povertà. II fatto che abbia scelto la missione in Brasile è per vivere sempre più profondamente con ì poverì, con un numero, per la nostra mentalità, sconvolgente di figli, alle volte privi di un "fazzoletto di terra" e in continuo pericolo di morte, vere vit­time di un sistema capitalistico incontrollabile."  (Mons. Carlo Ferrari 1990)