Parrocchia di Ognissanti - 24 marzo 2022

Giacomo 4,1-10

Nel capitolo 4 la Lettera di Giacomo continua il discorso sulle passioni e sulle contese, che abbiamo già trovato in passi precedenti. L’apostolo insiste proprio sulle contese, sulle liti, sulle divisioni che possono nascere all’interno delle comunità a causa delle passioni.

4,1Da dove vengono le guerre e da dove le battaglie tra di voi? Non forse da qui, cioè dalle passioni vostre che combattono nelle vostre membra? 2Desiderate e non riuscite ad avere, uccidete e invidiate eppure non potete ottenere, combattete e fate guerra; 3non avete perché non chiedete, chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere nei vostri piaceri. 4Adulteri! Non sapete che l’amore per il mondo è inimicizia verso Dio? Chi, dunque, vuole essere amico del mondo si fa nemico di Dio. 5O pensate che invano la Scrittura dica: fino alla gelosia Dio predilige lo Spirito che ha fatto abitare in noi? 6Non solo egli dà una grazia maggiore; per questo dice: Dio resiste ai superbi; ma agli umili dà grazia. 7Sottomettetevi, dunque, a Dio; resistete al diavolo, e si allontanerà da voi. 8Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi. Purificate le mani, o peccatori, santificate i cuori, o persone che avete l’animo doppio. 9Lamentatevi e affliggetevi e pregate; il vostro riso si muti in tristezza e la gioia in abbattimento. 10Umiliatevi davanti al Signore ed vi esalterà.

È un autentico invito penitenziale quaresimale; è un testo, infatti, che la liturgia ci propone proprio nel tempo di Quaresima, come invito al cambiamento profondo del cuore. Alcune note sono pesanti; l’apostolo Giacomo ha un po’ questo stile della forza e della sottolineatura radicale. Potrebbe essere un po’ duro questo linguaggio, tuttavia può essere utile per la nostra formazione.

v1. Da dove vengono le guerre e le battaglie tra di voi? Non forse da qui, cioè dalle passioni vostre che combattono nelle vostre membra?

È un inizio, in grande stile, sembra rivolto ai potenti di questo mondo, di grande attualità. Fare guerre e combattere battaglie non è da noi; sono i grandi generali, i capi degli stati che organizzano queste cose. L’apostolo, invece – anche se adopera immagini potenti, di guerra – qui intende parlare delle nostre liti, delle nostre divisioni, dei problemi che segnano le nostre comunità, delle piccole e grandi battaglie. L’apostolo si chiede: “Da dove nascono tutte queste controversie?”. La sua risposta è netta: dalle passioni, dai nostri istinti, dai nostri desideri, dalle nostre voglie, e da queste nascono la bramosia, il desiderio di avere, di dominare, al punto – dice – che fate guerra, invidiate e uccidete. Succede sempre più spesso che ci siano delle persone che fanno violenza ad altri al punto di ucciderli, per avere un vantaggio su qualcosa. Questa violenza – così, alla lettera – può non riguardarci, però ci può riguardare una invidia di fondo che porta ad uccidere l’altro moralmente, non considerandolo, disprezzandolo, lasciandolo perdere e la causa è nel fatto che non riusciamo a ottenere quel che vogliamo.                                                                                                                                                                      

v.2A Desiderate e non riuscite ad avere, uccidete e invidiate eppure non potete ottenere                                                                                                

Che cosa davvero vogliamo o desideriamo veramente? Uno dei desideri più diffusi è il primeggiare, far carriera, avere i posti più importanti, comandare. È vero! I grandi capi dicono che dobbiamo essere umili, ma, per rimanere in ambiente ecclesiastico: c’è mai stato un vescovo di una grande diocesi che poi è andato a fare il vescovo di una piccola? Mai successo! Si comincia con la piccola, poi si va a quella media e poi si arriva a quella grande. Più semplicemente per noi: cerchiamo di andare a stare meglio, cerchiamo di avere più potere, di avere qualche cosa di più grande, di più bello, di più ricco, di più sicuro e così via. Questa mania del volere sempre di più domina il mondo; siamo vittime della bramosia del tendere al di più; tendere non al meglio morale, ma al più potente, al più grande, al più comodo, al più ricco. In genere questa bramosia tende a raggiungere quello che soddisfi di più il nostro orgoglio, che accontenti la nostra vanità, che ci faccia sentire più importanti. A parole, siamo sempre, sicuramente tutti umili. Più si è in alto e più si dice di essere umili… a parole. Le parole non costano nulla, anche nella Chiesa.                                     

L’apostolo Giacomo è duro perché si rende conto che anche nella Chiesa c’è molta sporcizia; questa sporcizia è una spazzatura del cuore: le guerre vengono fatte anche all’interno della stessa Chiesa. Ad esempio, è trapelato in tanti modi che cosa succede in Vaticano, non solo in ambito economico, ma anche morale o ecclesiale, come la scelta dei vescovi. È il cruccio di Papa Francesco. Laddove diamo questa impressione è difficile poi comunicare il Vangelo; è difficile parlare di servizio e di umiltà, quando diamo l’impressione di combattere per i primi posti. Ovviamente, a maggiore ragione, questo riguarda, in ambito civile, la guerra in atto in Ucraina.

v.2B combattete e fate guerra

Si fanno guerre, battaglie, si combatte non per raggiungere grandi ideali, per realizzare qualche progetto grandioso, per combattere contro il male o mettersi contro le strutture corrotte, ma, semplicemente, per fare polemica. “Polemica” è una parola che deriva dal greco ‘pólemos’, che significa guerra. ‘Polemico’ è uno che fa la guerra. Giacomo ribadisce: siete persone polemiche, litigate volentieri, contestate perché non avete ottenuto quello che volevate, non avete il coraggio neanche di ammettere quello che volevate e, non avendolo ottenuto, finite per essere arrabbiati contro il sistema perché vi ha deluso. Sono atteggiamenti in cui si può cadere. La polemica e l’abbattimento sono due condizioni negative, il risultato di una cattiva impostazione, di una mancanza di preghiera autentica e sincera. La preghiera non è la recita di orazioni, ma è la profonda relazione del cuore con Dio, ma in genere la relazione c’è quando si sta zitti e si ascolta. Tutte le formule che usiamo possono servirci per formare, educare, istruire, ma il dialogo autentico e profondo è nel cuore silenzioso (San Giuseppe).

v.3 non avete perché non chiedete, chiedete e non ottenete perché chiedete male, per spendere nei vostri piaceri.                                                                                              

Per che cosa combattiamo? Che cosa bramiamo? Non possiamo pensare di non bramare niente, che ci va bene tutto; magari fosse vero. Bramosie e insoddisfazioni le abbiamo tutti. Ci sono delle frustrazioni, cioè degli atteggiamenti in cui uno riconosce di avere fatto delle cose per niente, invano – “frustra” in latino –; si rende conto che quello che ha fatto non è servito a niente. Ma a cosa doveva servire? Che cosa cerchiamo e non troviamo? L’apostolo dice che… non è vero che basta chiedere per avere, bisogna anche saper chiedere bene e chiedere cose buone, altrimenti il Signore non ascolta, qualunque cosa chiediamo. Abbiamo fatto troppa forza sul detto evangelico “chiedete e otterrete”, dimenticando l’insegnamento del contesto, in cui Gesù intendeva dire: “chiedere lo Spirito Santo”, chiedere il bene di Dio, chiedere di realizzare il suo progetto. In realtà, invece, chiediamo quello che ci fa più comodo, quello che ci interessa, ma non sempre è bene quello che chiediamo. “Non ottenete perché non chiedete”; “Io chiedo sempre al Signore, però non ottengo”. “Non ottieni proprio perché chiedi male”. Se chiediamo cose buone, in modo buono, sicuramente le otteniamo, perché è quello che vuole anche Dio, che è sommamente buono; ma se non corrispondiamo a questo, se non chiediamo da buoni, se non chiediamo cose buone…, non otteniamo e, non ottenendo, sentiamo frustrazione, abbattimento, rabbia, delusione, demoralizzazione, depressione, stanchezza, noia…, che è un po’ la malattia del nostro tempo: quante volte diciamo o sentiamo dire:“Non ne ho più voglia”.                                                                                                         

C’è una barzelletta interessante: Due amici vanno al ristorante e ordinano pesce; il cameriere porta loro due pesci, uno grande e bello, l’altro piccolino. Dal momento che è difficile dividere, non sapendo come fare, cominciano a dire ripetutamente l’un l’altro “scegli tu per primo”. Dopo un lungo tira-e-molla uno dei due sceglie e si prende il pesce più grosso. L’altro ci rimane male e protesta: “Sei stato egoista e scorretto – dice – se avessi scelto io, per educazione avrei preso il più piccolo!”. E il suo amico gli risponde: “Perché ti lamenti? Hai proprio quello che avresti scelto!” ...                                                                        

Le cose spesso vanno proprio in questo modo: tanta educazione formale nasconde l’intento di ottenere ciò che si vuole, senza dirlo esplicitamente.

È un tipico esempio di falsa modestia: “Io sono l’ultimo, non valgo niente”, ma se poi mi mettono all’ultimo posto, allora mi arrabbio. A volte chiediamo male perché siamo dominati dall’amore per le cose terrene, per i nostri piaceri, i nostri comodi, il nostro interesse. Al contrario non chiediamo di essere più vicini al Signore, più ricchi di fede, più capaci di amore, ma chiediamo per avere qualche cosa, per la nostra comodità o per il nostro interesse. Spesso, anche inconsapevolmente, facciamo sì che la volontà di Dio si confonda con la nostra. “Sia fatta la tua volontà” diciamo nel Padre nostro.                                                                           Lo dice molto bene Alessandro Manzoni ne I promessi sposi quando racconta di donna Prassede, una signora di Milano molto devota, molto generosa, che fa tutto per compiere la volontà di Dio; soltanto che – dice l’autore – confondeva il cielo con la sua testa ed era convinta che la sua testa coincidesse con il cielo. Tutto quello che le passava per la testa era la volontà di Dio, per cui si impegnava a farlo fare anche gli altri. Certo! Aveva anche parecchie figlie, alcune suore e altre sposate e lei – povera donna – aveva da combattere contro dei generi e contro delle superiore, perché non solo comandava alle figlie, ma doveva comandare anche ai mariti delle figlie e alle superiore religiose dei conventi dove erano le figlie. Erano quindi tutte battaglie non dichiarate, ma combattute quotidianamente. Pensate che fatica – povera donna – combattere tutte queste battaglie: naturalmente per fare del bene. Ma certo, sempre per fare del bene. Quando le capita fra le mani Lucia comincia a farle del bene e continua a rimproverarla perché parlava a quel poco di buono di Renzo e – per farglielo passare di mente – gliene parlava tutti i giorni. È una satira forte contro le brave persone di Chiesa, che fanno tutto per bene, ma sono delle polemiche, che combattono contro tutti, che vogliono quel che vogliono loro e confondono il cielo con la propria testa. Gli amici di Dio vincono la superbia.

v.4 Adulteri! Non sapete che l’amore per il mondo è inimicizia verso Dio? Chi, dunque, vuole essere amico del mondo si fa nemico di Dio!            

v.5 Dio predilige lo Spirito che ha fatto abitare in noi, fino alla gelosia.                                                    

V. 6 Non solo, Egli ci dà una grazia maggiore, per questo la Scrittura dice: “Dio resiste ai superbi, ma agli umili fa grazia”.

Chi vuole essere amico del mondo si fa nemico di Dio: in questo atteggiamento – dice Giacomo – si diventa adulteri, si tradisce la fedeltà al Signore come unico sposo, perché ci interessa più l’altro sposo, che è il mondo. Queste citazioni fanno riferimento probabilmente a un testo biblico di Osea, dove si parla dell’amore appassionato con cui il Signore si lega al suo popolo, e aggiunge: “Dio, non solo ama appassionatamente la persona, ma la vuole per sé e non accetta di essere tradito. Dice ancora che Dio dà una grazia maggiore agli umili, mentre resiste ai superbi, usando una esplicita citazione dei Proverbi: «Dio resiste ai superbi; agli umili invece dà la sua grazia» (Pr3,34). A quelli che sono convinti di essere padroni, capi, che hanno ben chiara qual è la volontà di Dio, Dio resiste, come resiste al fariseo. Invece agli umili che sono sinceri, che riconoscono di non sapere, di non essere capaci, Dio dà tanta grazia (pensiamo a Maria: piena di grazia). Al contrario, la falsa umiltà, per Dio diventa superbia. Non possiamo ingannare Dio, perché capisce subito se non siamo umili…, e di conseguenza non concede la sua grazia.                                  

A questo punto Giacomo dà alcuni consigli pratici:

v.7 Sottomettetevi a Dio; resistete al diavolo, e si allontanerà da voi.

v.8A Avvicinatevi a Dio ed egli si avvicinerà a voi

Sottomettersi a Dio per non confondere Dio con la vostra testa, non pretendere di fargli fare quello che voi avete in testa. Il diavolo parla facilmente attraverso le nostre bramosie, attraverso i nostri gusti, le nostre voglie, i nostri istinti. Resistendo, si allontanerà da noi. Avvicinarsi a Dio significa essere disponibili ad accoglierlo; se siamo disponibili, il Signore opera, non aspetta altro che operare in noi. Vuole che non ostacoliamo la sua via con le nostre testardaggini per accogliere la sua grazia. “Sottomettersi” significa lasciar fare a Lui, lasciare andare il timone con cui vogliamo controllare la realtà e la vita. Lasciamo che sia lui a guidarci.

v.8B Purificate le mani, o peccatori, santificate i cuori, o persone che avete l’animo doppio.

Qui l’apostolo, da buon giudeo, sottolinea due aspetti: lavarsi le mani e santificare il cuore. Purificare le mani, vuol dire avere comportamenti buoni e onesti; mentre il cuore santificato rimanda alle intenzioni, alle motivazioni di fondo. Lavare le mani è più facile che santificare il cuore. Il rischio infatti è di avere l’anima doppia. Giacomo usa una strana espressione: “santificate i cuori, voi che avete due anime”. Noi diciamo avere ‘due facce’; Giacomo dice “avere due anime”, due atteggiamenti, intendendo ‘atteggiamenti doppi, finti, falsi’. L’essere doppi consiste nel dire una cosa pensandone un’altra; succede quando l’atteggiamento non corrisponde al cuore. Santificare il cuore significa purificare le intenzioni in modo tale che ci sia una omogeneità, una rettitudine, un equilibrio fra dentro e fuori. Uniti sinceramente al Signore, essendo una cosa sola con lui, è possibile affrontare questa realtà anche con l’atteggiamento della penitenza, del lamento, dell’afflizione, della preghiera.

v.9 Lamentatevi e affliggetevi e pregate; il vostro riso si muti in tristezza e la gioia in abbattimento.                                                    

V. 10 Umiliatevi davanti al Signore e vi esalterà.

L’invito finale è a non prendere Dio con faciloneria, ma prenderlo sul serio. L’apostolo chiede di umiliarsi davanti al Signore: “Chi si umilia sarà esaltato”. “Cristo Gesù pur essendo di natura divina non la tenne per sé, ma si spogliò, si svuotò, si umiliò, si fece obbediente fino alla morte e alla morte di croce. Per questo Dio lo ha esaltato”. “Umiliatevi davanti al Signore ed egli vi esalterà, sottomettetevi a Lui, umiliatevi davanti a Lui”: questo è un atto di amore che fa diventare grandi davanti a Dio!