Dall’ attualità africana a dove tutto ebbe inizio…..la porta che veniva oltrepassata dagli schiavi verso le Americhe….

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Ad inizio del mese missionario…….proseguiamo con il nostro “tour” africano: dal Burundi, al Togo, al Benin

-Nello Stato del Burundi il progetto “Daraja” riguarda la capitale Bujumbura e in particolare il quartiere più povero della città, tramite la trasformazione di un centro medico in ospedale provinciale. Anche il Burundi, come il Congo, è reduce da anni di guerre tribali e violenze di ogni tipo e vive costantemente in una situazione di instabilità politica, rendendo rischiose le attività più semplici.

A partire dal 2011 ci siamo impegnati, anche grazie alla mediazione delle sorelle dell’ordine Bene Umukama presenti a Sant’Antonio (Mantova), nella ristrutturazione di una struttura esistente: l’Hôpital Nôtre Dame de la Miséricordie, in collaborazione con le suore stesse, che ha portato, progressivamente, in coerenza con la nostra mission, alla realizzazione di un

Ciò ha significato la costruzione di un reparto chirurgico con sala operatoria per interventi di chirurgia ginecologico-ostetrica e addominale generale, ospedale per malati indigenti “i più poveri tra i poveri”, l’aumento dei controlli nella fase della gravidanza , del parto e del puerperio per diminuire le patologie e ridurre il rischio di mortalità materno infantile, anche attraverso la dotazione di apparecchiature ecografiche e l’insegnamento delle competenze necessarie al loro corretto utilizzo, la realizzazione di un ambulatorio odontoiatrico: Clinica del sorriso, ed infine la dotazione di pannelli fotovoltaici per garantire l’energia elettrica alla struttura. Naturalmente la nostra attenzione è posta sempre alla formazione del personale medico, infermieristico ed odontoiatrico. Con soddisfazione rileviamo una progressiva autonomia di lavoro ambulatoriale medico, chirurgico, ostetrico e dentistico.

Ora, dopo anni di difficoltà, rese più acute dalla instabile situazione politica del paese, possiamo ritenerci soddisfatti per l’ottenimento dell’accreditamento governativo all’ospedale e la relativa iniziale autonomia economica dell’ospedale.

Ma la nostra attenzione va anche ad un luogo chiamato San Kizito, dove le suore prestano un’altra opera di carità di grande importanza: ospitano i bambini, spesso orfani, disabili fisici a causa delle recenti guerre o perché incappati nelle mine antiuomo. Si tratta di un Istituto dove il dolore viene condiviso, come le piccole gioie quotidiane, dove l’essere diversi non è un problema da sopportare ma un’occasione di sostegno reciproco: un piccolo miracolo di umanità vera, pur nella sofferenza

-L’attività in Togo si svolge presso l’ospedale Saint Joseph di Datcha, un villaggio nella diocesi di Atakpamè, capoluogo di regione dell’altopiano, a circa 150 km dal mare, dove operano da 13 anni, una volta all’anno, due medici soci, che prestano la loro opera, particolarmente in interventi di chirurgia ginecologica e chirurgia generale. .

- I bimbi di Carla "La maison de la joie" di Pèrèrè si trova a Perere , nord Benin, la zona più povera del paese, con scarsa rappresentanza cristiana e maggioranza musulmana e animista: Carla Baraldi, volontaria mantovana che da anni si occupa della gestione di una struttura per bambini,spesso orfani, ci ha chiesto un piccolo aiuto: integrare il fabbisogno di medicinali essenziali (antibiotici, antipiretici e vitamine), per i tanti bambini che lei cresce con l’entusiasmo del primo giorno; a questa necessità si provvede annualmente.

E proprio in Benin si trova la “porta” da cui ebbe inizio la storia delle ingiustizie, delle discriminazioni, della prevaricazione del mondo occidentale sui popoli africani, impedendone una storia e uno sviluppo autonomo. A questa porta ognuno dovrebbe, idealmente, inginocchiarsi per chiedere perdono e decidere di fare davvero tutto il possibile, anche poco che gli è possibile, per restituire vita, dignità, autonomia a tutte quelle persone che dopo secoli di sfruttamento, avrebbero il diritto di costruirsi la propria storia, gestendo in autonomia le proprie risorse, anziché essere costretti a bussare (chi ce la fa) alle porte dell’Europa per chiedere di aver salva la vita.