da "La Cittadella" di domenica 21 febbraio

Editoriale 

Dobbiamo aver care la fedeltà e la lealtà e il senso dello Stato

DI RENATO PAVESI

Elena Bonetti è ritornata al ministero per le Pari Opportunità e la Famiglia e le auguriamo da questa pagina, buon lavoro. La sua nomina, quella di persona nota e amica, ci spinge a qualche considerazione seriosa.

Dall’Università che è già un servizio pubblico, Elena passa a un servizio pubblico per il quale addirittura si giura di «servire fedelmente la Repubblica, osservare lealmente la Costituzione e le Leggi e svolgere le proprie funzioni nell’interesse della Nazione». Il presidente Draghi, in un suo intervento all’Università Cattolica di Milano, in occasione del conferimento di una Laurea honoris causa, agli studenti presenti augurava di intraprendere la strada del servizio pubblico. Oggi purtroppo questa strada è guardata sempre con sospetto; chi la percorre viene visto come uno che cerca il proprio tornaconto personale, magari in maniera illecita. Proprio il contrario di quello che richiede il giuramento. Gli studiosi della politica dicono che nelle dittature tutti o quasi inneggiano al capo, mentre è normale che nelle democrazie i cittadini ritengano i propri rappresentanti degli inetti o dei corrotti.

Da noi il discredito per quella che è stata chiamata la “casta” ha raggiunto livelli molto alti e, sappiamo, ha determinato atteggiamenti di rifiuto della politica come tale. Una volta ci insegnavano che la politica serve ai più deboli, perché i forti, i ricchi non ne hanno bisogno, perché possono procurarsi da sé quello di cui hanno bisogno. Nell’intervento alla Cattolica, Draghi indicava tre doti necessarie al servitore dello Stato: conoscenza, coraggio e umiltà. Forse sono le qualità che scarseggiano da tempo nella nostra classe politica, ma poiché la classe politica è appunto la nostra, è probabile che scarseggino in noi tutti, perché i politici non vengono mica dalla Luna.

La comunità cristiana può essere svincolata dalle mode, perché ha come regola il Vangelo e perciò può mantenere vivi certi valori al di là delle oscillazioni che subiscono nell’opinione pubblica.

Nel giuramento dei ministri compaiono due avverbi: fedelmente e lealmente. Noi cristiani dovremmo avere cara la fedeltà e la lealtà perché la nostra è una vita di fedeltà e lealtà, cioè senza imbrogliare, a una promessa, quella battesimale. Noi cristiani dovremmo credere alla possibilità di impegni forti da vivere cioè con lealtà e fedeltà; pensano al matrimonio e al celibato. Ma il clima di oggi non è favorevole alle scelte di vita forti. Alcuni ministri parlano dell’onore di aver servito il Paese, ma per noi onore è parola vuota. Il servizio pubblico, insomma, è una scelta di ripiego e del resto parole come Repubblica, Nazione, Costituzione non hanno forza alcuna, non commuovono, neanche per un attimo. Ma in questo modo è il bene comune che scompare dall’orizzonte dei pensieri e dei valori e resta solo l’interesse privato. Elena Bonetti, però viene dalla comunità dei battezzati e viene dallo scoutismo dove ognuno promette sul proprio onore di compiere il proprio dovere verso Dio e verso il proprio Paese per aiutare gli altri.

A Elena quindi auguriamo di poter vivere la sua duplice promessa. E ci contiamo.