(immagine tratta da commons  wikimedia:Sint-Paulus bij de heiligen Aquila en Priscilla, onbekend, schilderij, Museum Plantin-Moretus (Antwerpen) - MPM V IV 118.jpg)

AQUILA E PRISCILLA - 20 FEBBRAIO 2020 

                                                                                                                              Andrea Cappelletti        

Con Aquila e Priscilla entriamo a vele spiegate nel Nuovo Testamento, prima ancora della redazione dei Vangeli, nel periodo iniziale di storia della Chiesa della seconda metà del I secolo, ovvero nella fase paolina, un periodo fondante, per tante ragioni:

- la formazione delle prime comunità nel bacino del Mediterraneo e in Asia;

- la definizione della prima ecclesiologia;

- il lento, ma già evidente e travagliato distacco dalla tradizione giudaica (Concilio di Gerusalemme del 49 d.C.)

- i primi contrasti sul piano teologico che porteranno al periodo (lungo alcuni secoli) delle grandi eresie.

Ma chi erano questi due sposi cristiani che portavano un nome latino? Aquila, il marito, proveniva dal Ponto (odierna Turchia) ed era di origine giudaica. Priscilla (diminutivo di Prisca, che significava “delle più antiche età”, appartenente ad una gens romana piuttosto in vista), forse anch’essa giudea di origine, era di Roma, ma non è certo neppure questo dato, perché era comune, ai quei tempi, dare nomi latini ai propri figli anche se non nati a Roma.

Li ritroviamo più volte citati nel N.T. Questi testi si possono raggruppare in due serie: la prima, quella dei testi paolini (1 Cor 16.19; Rm 16,3-5ª, 2Tim 4,19) e la seconda, quella dei testi lucani, (in Atti 18, 1-3,18,26).

Paolo li incontra a Corinto dove i due si erano rifugiati, cacciati da Roma dal provvedimento dell’imperatore Claudio, nel 49, che prevedeva l’allontanamento di tutti i giudei e i giudeo-cristiani, in seguito a disordini da loro provocati. Poiché gli espulsi erano classificati come facinorosi o attivisti, per Aquila e Priscilla, vale forse il secondo ruolo. Erano infatti mercanti piuttosto agiati, fabbricanti di tende con operai al loro servizio.

Dunque, Paolo li conosce casualmente, viene da loro ospitato, e li aiuterà nel lavoro come artigiano tessile. Anche a Corinto i due vivevano in una casa grande, tanto che potevano ospitare, sembra, dalle trenta alle cinquanta persone: ecco la famosa Chiesa domestica! Paolo li considera “sunergòi”, ovvero collaboratori nell’opera di evangelizzazione e non sottoposti: diversi i ministeri, ma pari dignità “Siamo, infatti, collaboratori di Dio” (I Cor. 1,39).

La loro è una diakonìa, ma anche ministero specifico dei laici: Aquila e Priscilla si caratterizzano come una coppia al servizio dell'accoglienza e della Parola e dei missionari itineranti. Distaccati da tutto, senza tetto né famiglia, i missionari vengono accolti nelle case dei fratelli nella fede.

Paolo ne è un esempio; reduce dalla umiliante esperienza di Atene – dove, nell’Areopàgo, viene zittito nel momento in cui parla di resurrezione dei corpi e quindi allontanato – ha bisogno di ritrovarsi con fratelli nella fede per riprendere il suo cammino di apostolo.

Trasferitisi nella più vivace e aperta Efeso, i tre continuano nel loro ministero, che comprendeva l’annuncio e l’interpretazione della Parola: si pensi, ad esempio, a un certo Apollo, neo convertito che viene affidato alle cure dei due sposi per essere meglio indirizzato sul piano dottrinale (Apollo era un giudeo-cristiano che si era però fermato alla predicazione di Giovanni il Battista).

In sintesi, il compito dei laici della prima Chiesa si può definire così:

- annunciare Cristo Gesù,

- collaborare con gli apostoli,

- rischiare la vita per salvare quella altrui,

- accogliere la comunità cristiana nella propria casa.

 

MINISTERO ORDINATO E MATRIMONIO:

C’è un legame tra Chiesa e famiglia, e, nello specifico, tra Parrocchia e famiglia come collaborazione ministeri pastorali? Certo, sono diversi: la famiglia è fondata da Dio, mentre la parrocchia è una modalità umana di organizzazione ecclesiale e pastorale. Tuttavia, pur essendo realtà talmente diverse e specifiche, sono chiamate a vivere una vita di dedizione e di apertura al prossimo. Eppure per secoli non sì è parlato di collaborazione pastorale tra le due realtà.

Solo col Concilio Vat. II si è intrapreso un cammino più deciso in tale direzione: sarebbe però, credo, un errore impostare in primis il tema sul piano organizzativo, cioè ridurre il tutto a riunioni, momenti di incontro et similia; non è certo il fondamento del rapporto. Questi, casomai, saranno momenti necessari susseguenti ad una profonda riflessione sulla relazione intercorrente tra i due ministeri e sacramenti.

Il vero nocciolo della questione è il radicamento delle due realtà in Cristo e la loro complementarietà nell’opera di evangelizzazione. E’ dunque in riferimento all’unità sacramentale della Chiesa che dobbiamo percepire la ricchezza dei due sacramenti.

  • Il ministero sacerdotale è chiamato a far presente Cristo Sposo, celebrando l’Eucaristia e “spezzandola” negli altri sacramenti.

Il ministero nuziale è chiamato ad annunciare l’indiviso amore sponsale tra Cristo e la Chiesa e ad essere immagine della comunione in Cristo di tutti gli uomini. «L’Ordine e il matrimonio sono ordinati alla salvezza altrui. Se contribuiscono anche alla salvezza personale, questo avviene attraverso il servizio degli altri. Essi conferiscono una missione particolare nella Chiesa e servono all’edificazione del popolo di Dio» (Catechismo della Chiesa Cattolica, n. 1534).

Ma di quale famiglia parliamo oggi? Questo è un nuovo problema, un nuovo tema da affrontare. Certo, anche la parrocchia e i presbiteri sono cambiati, forse, però, in misura minore.

Potrebbe essere interessante verificare se e come le nostre comunità, le nostre famiglie e i nostri presbiteri vivono il rapporto di cui si è parlato.

 

Daniela Zanardi

1 diap

2 diap

3 diap

 

4 diap

5 diap

6 diap

7 diap

8 diap