di don Riccardo
(Girolamo Bonsignori: "La Fede" sec XVI , pala d'altare nella Basilica di S. Benedetto Po MN ) Ritratto di Dante Alighieir)
Ricorre quest’anno il settecentesimo anniversario dantesco; l’ispirazione mi ha portato ad approfittare della lungimiranza di questo acuto poeta per una impegnativa riflessione sulla fede: _richiede tempo e pazienza._
Nel suo viaggio, Dante giunge al Paradiso e Beatrice lo avverte che la porta del cielo si apre solo dopo aver risposto convenientemente alla domanda: “che cos’è la fede?”. L’intelligente e precisa risposta di Dante si trova nel capitolo XXIV (64) del Paradiso, quando Beatrice chiede a San Pietro di interrogare il poeta, appunto, su ‘che cosa sia per lui fede’. Dante, da buon credente, si mostra preparato e risponde: “ *Fede è sustanza di cose sperate e argomento de le non parventi; e questa pare a me sua quiditate”* ( _parafrasi: fede è la sostanza delle cose sperate e la dimostrazione di quelle che non si vedono, e mi sembra che questa sia la sua essenza)._ La sapiente dizione dantesca è ripresa da San Paolo, amico di Pietro: “la fede è fondamento di ciò che si spera e prova di ciò che non si vede” (Ebrei 11,1). In termini più semplici anche Giovanni nel suo vangelo afferma: “Beati quelli che non hanno visto e hanno creduto” (20,29). Non vogliamo entrare nel dibattito infinito tra ragione e fede…, ma questa è un’occasione per interrogarci su cos’è per me la fede. Come infatti possiamo conciliare la fede riferita a cose che non si vedono, in contrasto con la mentalità razionale del nostro tempo, che vuole avere prove ed evidenze su tutto?
Quante persone si allontanano dalla fede proprio perché la considerano una realtà astratta, indefinita e non dimostrabile.
Per comprendere la fede dobbiamo iniziare dalla disposizione interiore dell’animo, grazie alla quale i germi della presenza divina vengono seminati dentro in noi, nel cuore e nella coscienza…, lasciati crescere senza fretta…, portando così gradualmente la ragione ad acconsentire con evidenza a ciò che essa non vede. La ‘sostanza’ della fede diviene presente in noi a partire dalle ‘cose’ interiori che si sperano: la gioia, la pace, l’amore, l’onestà, la bellezza, la verità, la pace, la salute, il paradiso... E’ proprio perché il germe di ciò che verrà, è presente e coltivato dentro di noi che crea certezza: questa ‘cosa’, che ancora non appare nel mondo esterno, la portiamo dentro di noi e matura, come il seme che rimane sottoterra per lungo tempo, e poi spunta, cresce e diventa pianta che dà frutti. I misteri divini, sulla terra, sono invisibili e perciò possono essere coltivati solamente dall’atteggiamento interiore della fede, portando gradualmente a riconoscerne la sostanza.
A questo punto San Pietro vuole capire da dove si basa questa fede in Dante. Il poeta attribuisce il merito all'ispirazione dello Spirito Santo presente nelle pagine delle Sacre Scritture. E alla richiesta di indicare che cosa l'abbia convinto che l'Antico e il Nuovo Testamento siano Parola di Dio, Dante porta come prova i miracoli, senza i quali il mondo non si sarebbe convertito al cristianesimo. San Pietro approva la risposta di Dante (perché così è stato anche per lui), aprendogli la strada per accedere al Paradiso, accompagnato da Beatrice.
Da qui possiamo desumere che anche per noi la strada più praticabile per dare sostanza alla fede sia l’ascolto della Sacra Scrittura.
_Credo che la domanda sulla fede non sarà risparmiata anche a noi quando busseremo alla porta del Paradiso. Facciamoci dunque trovare pronti, come Dante, con la nostra risposta sulla fede._
Don Riccardo