piazza sant andrea

"Cerchiamo di fare un bilancio (molto parziale)

Io lo inizio e voi cercate di continuarlo.

Corona virus. In riferimento al coronavirus, che a ondate ci sta mettendo in soggezione e in situazione di fragilità e insicurezza, dentro di me spesso ho pensato: ma finirà questo flagello; in estate pensavo di essere in discesa e che la scienza fosse riuscita a trovare soluzioni sicure e immediate, invece stiamo ancora attraversando il guado. Mi sono convinto di due cose: primo, la necessità di guardare e assumerci il futuro, come orizzonte irrinunciabile della nostra vita. E questo chiede capacità e visione di un cambiamento. Partiamo dall’oggi, dal presente, pur consapevoli che il presente non è mai sufficiente a sé stesso per guardare al futuro. L’idea di ridare equilibrio al mondo con tutti i mezzi che abbiamo a disposizione dà senso anche al nostro presente.                                                                                          

La seconda cosa è che il Coronavirus è una esperienza che aiuta a capire che non possiamo fare da soli, ma abbiamo bisogno gli uni degli altri. In questo senso, come ha ribadito spesso Papa Francesco, non possiamo dimenticare l’impegno della solidarietà, che non consiste in una serie di azioni tendenti a tranquillizzare la propria coscienza, ma una caratteristica del nostro stile di vita, che possa comprovare davvero che il prossimo viene considerato come fratello, sempre, e non soltanto nei momenti di difficoltà o in casi straordinari. Non mancano le opportunità per sostenere e provvedere alle necessità delle situazioni di povertà, che crescono di giorno in giorno.

Famiglia. La famiglia oggi, pur essendo ancora un fondamento basilare della vita relazionale e sociale, vive in un contesto di rischio e incertezza. Il cambiamento provocato dalla cultura post-moderna ha portato un rilevante aumento della produzione del rischio. L’esperienza della pandemia sta esasperando questo aspetto. Più niente è stabile, è sicuro, manca di stabilità, costretti a cambiare in continuazione i percorsi, le scelte e anche a volte, le nostre identità. Anche nelle relazioni affettive, nessun legame può darsi per scontato. I processi di individualizzazione e del ‘fai da te’, togliendo spazio alla relazione, creano la logica del dinamismo, della frammentarietà e dell’autonomia. Anche la famiglia è soggetta agli stessi processi di scelta, per cui le relazioni, e in particolare le relazioni di coppia, hanno bisogno di essere confermate giorno dopo giorno, senza mai darle per scontate. Il precario equilibrio dell’essere coppia nasce dalla prevalenza dell’io sul noi. Questo processo può incidere in forma problematica anche sui ruoli di padre e di madre così complesso nella cultura del nostro tempo.

Fede e sacramenti. Pochi ma buoni? Era uno dei ritornelli dei ritornelli pastorali di fronte all’avanzare della secolarizzazione: meno persone chiederanno i sacramenti, ma saranno più convinte. La prima parte del mantra si sta compiendo e i numeri sono piuttosto facili da raccogliere. La seconda, più difficile da valutare, non sembra realizzarsi per nulla. Calano i matrimoni, ma non si sposano solo i convinti. Meno confessioni coincidono con sacramenti celebrati con più qualità? Non è detto.                                    

Per l'iniziazione cristiana il discorso è simile: calano i battesimi dei bambini, persiste la domanda dei sacramenti in età di catechismo. Abbiamo nelle nostre parrocchie numeri elevati di ragazzi. Eppure, giunti alla fine dei faticosi anni di percorso, la percezione è che sono stati offerti dei sacramenti, ma non era ricercata (e di fatto non è stata offerta) la possibilità di un itinerario di fede. Accanto a questi fenomeni di sacramenti senza fede, leggiamo un approccio alla fede dei cristiani e in particolare dei giovani, dove emerge l'interesse vivo sulla domanda di senso e di spiritualità, ma un profondo disagio e uno scarsissimo interesse per le celebrazioni e i sacramenti.

Sinodalità. È proprio il cammino della sinodalità che la Chiesa, su ispirazione dello Spirito Santo, ha intuito determinante per questo nostro tempo di inizio del terzo millennio. In particolare, le parole di Papa Francesco indicano con forza l'itinerario che i battezzati dovrebbero percorrere, con impegno e convinzione. "Sinodo" deriva dal greco synodos, composta da un prefisso, syn, che significa "con", "insieme" e “hodòs”, che significa strada, cammino. Dunque, questo termine evoca un camminare insieme, un fare strada insieme. È una parola che invita a camminare, muoversi, non restare fermi al ‘si è sempre fatto così’, contiene un dinamismo, un movimento che è sempre "una uscita verso…". È un orientamento, un processo che, in specifico, punta a un cambiamento.                                      Poi c'è il prefisso syn, che, come raccomandava San Paolo nelle sue lettere ai cristiani, raccomanda loro di vivere, fare, sentire, morire syn, insieme. Mai da soli, mai senza gli altri, perché chi vive, sente e opera senza gli altri, finisce per sentire, vivere e sperare contro gli altri! Come non ricordare che i primi discepoli di Gesù negli Atti apostoli vengono chiamati per sette volte «quelli della via»? Gli apostoli hanno capito, non si sono chiusi nel cenacolo, ma hanno iniziato a camminare, percorrere le strade insieme (syn) agli altri, per incontrare altri. Questa è la sinodalità richiesta di essere vissuta a livello di parrocchia, diocesi, chiesa regionale, nazionale e finanche universale." 

don Riccardo