GUARDANDO AL DOPO ‘CORONAVIRUS’, CHE COSA SI PUÒ SUGGERIRE PER L’ESPERIENZA UMANA E PASTORALE CHE STIAMO VIVENDO?

Dopo una breve introduzione di don Riccardo terminata con la preghiera di un salmo, la parola è passata a Roberto Melli che ha trattato il tema scelto.

L’emergenza sanitaria che ci ha coinvolto dalla fine di febbraio a oggi rappresenta un evento inaspettato e imprevedibile. Lo potrebbe definire un evento spartiacque che esige una spiegazione e una comprensione.

Spiegazione. È compito della scienza che, pur nei suoi evidenti limiti, cerca di dirci di che cosa si tratta e che cosa bisogna fare, come già avvenuto in passato con la peste.

Comprensione. Ci chiediamo: qual è il senso di questa pandemia? Perché è accaduto tutto ciò? Per rispondere a queste domande cerchiamo un sistema di riferimento linguistico, cerchiamo parole che ci possano rassicurare. Nasce così un vocabolario della pandemia, dal quale estraggo tre parole: fragilità – paura – responsabilità.

Fragilità. È il contrario di sicurezza, certezza. Notiamo che l’età delle persone conta, pesa e si sfatano i miti dell’eterna giovinezza. Emergono i limiti reali, imposti dalla natura: siamo essere finiti, vulnerabili. E ci chiediamo qual è il senso di quello che facciamo.

Paura. È prodotta dalla fragilità. È la paura di contagiare e di essere contagiati, è la paura che ci induce a stare ancora in casa, di chiuderci in un guscio. Gli altri ci fanno paura, stiamo attenti a tante cose che prima non osservavamo. La paura è anche un sentimento che riduce o dissolve l’idea dell’onnipotenza delle leggi del mercato, dell’ideologia del “voglio quindi posso”.

Responsabilità. Sembra che le nuove generazioni abbiano reagito meglio alle restrizioni del lock down. Spesso i giovani hanno assunto atteggiamenti più responsabili degli adulti. C’è una responsabilità reale: da questa terribile esperienza può nascere qualcosa di buono. Però occore spostare l’asse dell’interesse. I disastri sanitari ed economici ci sono stati e non sono ancora sanati, ma la qualità dell’aria e delle acque è migliorata, la natura si è ripresa alcuni suoi spazi: nel momento in cui l’uomo ha fatto passi indietro, la natura è avanzata. Si attenua il delirio di onnipotenza dell’uomo. Nell’enciclica Laudato sì (2015) papa Francesco osserva al n. 105 che l’uomo moderno non è educato alla reponsabilità, fa spesso un cattivo uso della potenza pensando ad una crescita infinita. E al n. 203 critica il meccanismo compulsivo del mercato consumistico che si fonda sul paradigma: essere liberi = fare ciò che si vuole.

L’esperienza di questa pandemia ci suggerisce invece di fermarci, ci fa capire che i nostri consumi possono essere modificati, ci dice che spesso abbiamo troppi mezzi usati per pochi e rachitici fini. Pertanto occorre ricalibrare i nostri mezzi e volgerli a fini più elevati. Dobbiamo recuperare e ridefinire il senso della normalità creando nuovi paradigmi.

Don Riccardo ha sollecitato interventi da parte dei presenti sulle questioni emerse dalla presentazione di Roberto. Dalle osservazioni scambiate tra i membri del Consiglio pastorale e il relatore si possono considerare le seguenti tematiche.

- Il senso di speranza infuso dalle nuove generazioni di fronte alla pandemia, che si può accostare alle manifestazioni di Fridays for Future che hanno caratterizzato il 2019 e l’inizio di quest’anno. Questo senso di speranza può rappresentare un buon punto di partenza per la catechesi e l’animazione parrocchiale.

- Il ruolo chiave della famiglia nel lock down, diventata luogo di lavoro, aula scolastica, ammortizzatore sociale, chiesa domestica.

- La sofferenza delle persone che hanno patito particolarmente per la malattia, la morte di amici e familiari, la perdita del lavoro. E la sofferenza di chi, come i medici, ha vissuto in prima linea l’emergenza sanitaria, con un senso di impotenza di fronte ad una tragedia imprevista che ci ha trovato impreparati, senza strumenti adeguati.

- La riflessione sulla nostra società, che nutre molte aspettative e poche attese: vogliamo subito tante cose e non sappiamo attendere.

- La scoperta di ritmi lenti nella giornata, in cui trovare spazi per la riflessione, per la lettura, per la preghiera, per mettersi meglio in ascolto. Anche da qui possono partire spunti per la catechesi e l’animazione parrocchiale.

- La tentazione di tornare presto a rifare tutto come prima, senza pensare ai limiti dello sviluppo umano, senza pensare cha disponiamo di una sola Terra con risorse finite, senza accettare la possibilità di altri modelli economici che prevedano una prosperità condivisa senza crescita del PIL con un uso ridotto dei beni materiali.

Al termine dell’incontro don Riccardo ha consegnato ai presenti la lettera della Diocesi di Mantova del 30 giugno dal titolo “Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi”. Lo scritto è in sintonia con quanto emerso nel nostro Consiglio pastorale e offre alcune indicazioni su come ripartire nel prossimo anno pastorale. Tutto ciò sarà oggetto di una prossima riunione.

Mantova, 2 luglio 2020

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