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LA CHIESA DI OGNISSANTI

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RELAZIONE STORICO - ARTISTICA

A) LA STORIA

La chiesa di Ognissanti è di origine molto remota. Si affaccia alla ribalta della storia non come parrocchia, bensì come ospitale cui era unita una chiesa intitolata ad Ognissanti. Data essenziale è il 1752, anno in cui i monaci benedettini avanzano la richiesta di ricostruire la chiesa, ritenendo necessario anche spostarla nel luogo che è quello attuale, all'angolo di via Conciliazione. Dai documenti si ha la percezione di un edificio sepolto in mezzo alle case, vicino all'ospizio, e in posizione del tutto diversa rispetto a quello odierno. Nel 1753 iniziano i lavori della nuova fabbrica, ma prima si devono "atterrare" case con botteghe; dopo circa due anni la costruzione è terminata e si può demolire la vecchia chiesa.

CAMPANILE DI GONISSANTI

La posizione decentrata del campanile rispetto alla chiesa contemporanea è da imputare al fatto che, con molta probabilità, lo stesso era collegato alla preesistente chiesa romanica. Delle strutture romaniche qualcosa è rimasto: oltre al campanile, nel cortile interno vi sono tracce di un abside. Inoltre, in adiacenza al¬la Cappella dei Morti si trovano due ambienti ora adibiti ad uso servizi - il corridoio che porta in chiesa e quello che immette da e. Vittorio Emanuele - che secondo P. Piva (storico mantovano) facevano parte della chiesa originale. In particolare il secondo corridoio doveva essere la zona della navata. Tutte queste strutture saranno modificate intorno al 1322-24.
La situazione che si presenta è dunque quella di una chiesa romanica a nave unica, con transetto sporgente a una o tre absidi, circondata da case, botteghe e un ospizio. Lo schema dell'edificio religioso è analogo a quello della chiesa di S. Maria del monastero di S. Benedetto in Polirone. Analogia molto probabilmente dovuta alla funzione che entrambe le chiese avevano all'interno di un monastero benedettino dotato di ospizio e infermeria.

CORSO PRADELLA OGNISSANTI

Secondo alcuni storici la fondazione della chiesa è da attribuire a Matilde di Canossa e risalirebbe all'anno 1080 circa. Grazie a una donazione della Contessa l'istituzione passerà successivamente alle dipendenze del Monastero di S. Bene¬detto in Polirone. Tale passaggio è testimoniato in un documento del 1650, che descrive i beni di proprietà del Monastero, tra i quali compare a Mantova "formalità dì Monastero con claustro, cortile refettorio e Chiesa nella quale è la parrocchia di Ogni Santo, qual luogo serve per ospitio". Questa interpretazione è in disaccordo con quella che sostiene che la donazione venne fatta non da Matilde ma da Padre Adriano IV nel 1159.
Nella chiesa saranno sempre presenti i monaci benedettini dal XII secolo sino al 1797, anno in cui Napoleone Bonaparte decide la soppressione di tutti i monasteri e loro dipendenze.

  1. B) L'ARCHITETTURA

Dalla sintetica evoluzione storica ne consegue che dal punto di vista architet¬tonico sono presenti due momenti: a) il tardo Gotico, b) il Barocco.
a) II tardo Gotico
Poco rimane del primo periodo, ovvero scarse sono le strutture edilizie, anche episodiche, che avallino le notizie fornite dalle fonti storielle.Unica eccezione il bel campanile, con eleganti pinnacoli e comici ad archetti trilobati, e la "Cappella dei morti", che costituisce la porzione superstite della precedente chiesa di Ognissanti. Vi si accede da una porticina vicino al presbiterio. Tale testimonianza architettonica è rappresentata da un ampio vano, diviso da un grande arco con eleganti elementi tardo-gotici. In uno dei pilastri di sostegno affiora un tronco di colonna in cotto che potremmo definire romanico, con l'aggiunta di una cornice a conchiglia sempre in cotto.

Queste strutture, ovvero il campanile e "la Cappella dei Morti", non sono oggetto del presente intervento.
b) II Barocco
E' barocca invece la chiesa a noi giunta.
Siamo nel periodo che segnala la fine dello stile Barocco e più precisamente in anni di grande decadenza artistica. Secondo alcuni storici dell'arte in Ognissanti la concezione architettonica non è più quella propriamente barocca e non è ancora neoclassica (anche se gli altari hanno un'impronta neoclassica), ma all'interno si svolge secondo un gusto più vicino al Rococò.

LA FACCIATA PRINCIPALE

OGNI
Ciò nonostante la facciata presenta ugualmente un effetto caratterizzato da un forte movimento delle masse, gioco di ombre e di luci, ricchezze decorative e senso di grandiosità con voluta dissimulazione della struttura costruttiva.
Ecco allora la presenza di lesene, capitelli, e, da notare, il "triglifo", elemento decorativo centrale della trabeazione che separa primo e secondo ordine di lesene. Tale motivo, che trae le sue origini nell'ordine dorico, ricorda le primitive teste delle travi in legno leggermente sporgenti dal muro. Ha, "come da manuale architettonico", tre glifi (due centrali e due mezzi negli spigoli) e due femori. Belle ovviamente anche le gocciole sottostanti.
Nella parte superiore della facciata spiccano inoltre sei capitelli di forma io-nico-romana.
Da segnalare il bel portale tutto barocco arricchito da fregi e statue di putti-forse un tempo alati, oltre al portone in noce .

Risulta inoltre che nel 1797 Paolo Pozzo fece togliere dalla facciata le tante statue presenti per trasportarle in altro sito. Tale notizia ci informa anche di un loro utilizzo nel progettato giardino di Pietole. Di certo possiamo aggiungere che tale giardino non venne realizzato e le statue asportate non si sa dove finirono.

L'INTERNO DELLA CHIESA


La chiesa di Ognissanti dà un'idea di tempio spazioso, dalla facciata sobria ed elegante e dall'interno a navata unica con accentuato sviluppo longitudinale, secondo una tipologia ricorrente nelle chiese mantovane della prima metà del Settecento (chiesa di S. Barnaba, chiesa di Revere).
La struttura, caratterizzata dalla navata unica, viene integrata dalla presenza di quattro altari laterali di impianto neoclassico, il cui spazio interno nasce in virtù di quattro pilastri murali per lato, scostati dai muri perimetrali.

Una caratteristica di Ognissanti è quella del passetto voltato a botte che permette la comunicazione tra le cappelle degli altari.

interno ognissanti 400

Le cappelle dedicate a S. Mauro, alla Madonna, a S. Giovanni Battista e a S. Anna si incontrano rispettivamente procedendo in senso antiorario. Le superfici delle pareti aggettanti sono coperte da lesene decorate anche con parti dorate.

altare madonna SAN MAURO SANTANNA

(Nelle foto: Cappella della Madonna, Cappella di San Mauro, nella cappella di San'Anna l'omonimo affresco del Bazzani)

Nella parte antistante la zona presbiteriale, sulla destra, un corridoio porta alla "Cappella dei morti", elemento superstite della fabbrica dell'XII secolo.CAPPELLA DEI MORTI L'ampio volume della chiesa termina in un profondo presbiterio absidato, se¬parato dalla zona riservata ai fedeli mediante due gradini e una balaustra che ora non è più presente.

Da una scaletta collocata ai margini del primo altare a destra si arriva ad una grande balconata curvilinea situata sopra il portale d'accesso e sopraelevata di 4.50 mt. rispetto al pavimento della chiesa, dove è collocato un organo. Lo strumento sette-ottocentesco agli inizi del '900 è stato sottoposto ad un intervento modificativo dovuto alla "riforma liturgica", che ha comportato la sostituzione di antiche parti con altre più rispondenti al gusto dell'epoca.

Un'altra scaletta posta dietro il confessionale centrale di sinistra sale al pulpito, ovvero un piccolo balcone, con balaustra arricchita da gelosia a motivi floreali, simile ad altri due posizionati ai lati neU'iimninenza del presbiterio.
Le caratteristiche fondamentali del Barocco trovano qui conferma nell'interno della chiesa: esaltazione dell'ambiente principale mediante scultura, pittura, decorazioni a stucco dorato. La fusione di tali elementi con la composizione architettonica rende l'architettura un'opera d'arte unitaria, con forte accentuazione scenografica, ottenuta grazie anche all'impiego di materiali preziosi quali marmi policromi e oro negli stucchi e negli apparecchi d'altare. Le decorazioni a stucco, gli affreschi delle volte e alcuni arredi sono opera di Giovanni Cadioli, importante pittore e "architetto teatrale" del tempo; sarà sempre lui a decorare il catino ab-sidale oltre a varie tele ad olio.
Infine va detto che quando nel 1752 è stata costruita la nuova chiesa si sono perse completamente tutte le intitolazioni degli altari della chiesa precedente e si è verificato un notevole depauperamento, essendosi perse le tracce di tutti i quadri e gli arredi che conteneva.

FOTO: 9 NOVEMBRE 2014 -LA CHIESA DI SAN BARNABA "RACCONTATA" A CURA DI TCI ( PAOLO BERTELLI)

Cappella dell'Incoronata - duomo di Mantova

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mappa del duomomappa. incor copia

(nella mappa, la Cappella è evidenziata in giallo)

  "   Attraverso un cancello si accede all'Incoronata: solitamente chiamata cappella, di fatto è una Chiesa distinta dal Duomo, nata come Santa Maria dei voti e oggi santuario della beata Vergine Maria, incoronata regina di Mantova. La storia del sito risale per tradizione a Sant'Anselmo, quella vergine avrebbe promesso protezione per la città, parlandogli da un'immagine affrescata lungo il corridoio tra la cattedrale  e  San Paolo( chiesa ora non più esistente).

 A partire dal 1477 si sparse la voce che davanti a quell'immagine si ottenessero miracoli: cominciarono allora ad affluire cospicue offerte votive (di qui il nome di Santa Maria dei voti), incrementate nel 1481 in occasione di una disputa teologica svoltasi alla presenza del marchese Federico I e del popolo. Il francescano, poi beato, Bernardino da Feltro e e il domenicano, poi generale dell'ordine, Vincenzo Mandello, disputarono sul tema dell'Immacolata concezione di Maria; la giuria decretò la vittoria di Bernardino, difensore del privilegio, e la decisione fu densa di conseguenze: tra le altre, il Papa Sisto IV emise una bolla a sostegno del futuro dogma, e in sede locale fu deciso di costruire una chiesa in onore della vergine. Con le offerte pervenute, la Chiesa fu subito avviata nell'area dell'antica immagine, anche per valorizzarla con una più degna collocazione, e ne fu dato incarico all'architetto di corte, il toscano Luca Fancelli.

Il suo progetto può essere interpretato così: la sagrestia della cattedrale, esistente da circa mezzo secolo, doveva essere intesa come la navata di un nuovo tempio, di cui egli  edificò il transetto con la breve abside in cui si trovava - proprio di fronte alla navata - l'immagine da onorare. Ma la parete di comunicazione tra il vecchio e il nuovo ambiente non fu abbattuta; il vecchio rimase sagrestia e il nuovo, spostata la sacra immagine a capo di quello che doveva essere il braccio destro del transetto, divenne la nuova chiesa mariana, con accesso dal Duomo attraverso il tratto superstite del corridoio. Successiva invece la cappellina di sinistra, aperta nell'area della scomparsa chiesa di San Michele (ne restano tracce nell'adiacente seminario) voluta da Matilde di Canossa come mausoleo per il padre, il marchese Bonifacio.

altare mad. incor copia

Del 1640 è un episodio che mutò nome alla chiesa. Dopo il saccheggio e la peste del 1630, che avevano prostrato la città e il suo territorio, la principessa Maria Gonzaga, reggente del Ducato, volle affidare se stessa, la dinastia e lo Stato alla protezione della vergine: fatta eseguire un'immagine mobile omologa di Santa Maria dei voti, dispose che fosse portato in processione per le vie della città e solennemente incoronata, nella basilica di Sant'Andrea, come regina di Mantova. Da allora la Chiesa e l'immagine affrescata di Santa Maria dei voti furono denominate dell'Incoronata, e ne fu fissata la festa annuale la prima domenica dopo San Martino (cioè dopo l'11 novembre). In questa occasione, ma anche durante il mese di maggio tradizionalmente dedicato alla devozione Mariana, in Duomo viene esposta l'immagine mobile dell'Incoronata, rivestita di sontuosi abiti seicenteschi.

statua della madonna

L'anno 1840, secondo centenario dell'incoronazione, la Chiesa fu sottoposta a un consistente intervento anche strutturale, in particolare nella cupola. Fu aggiunta allora la cappellina di destra, nella quale, insieme con quella di fronte, fu data conveniente collocazione ai corpi dei santi traslati nella cattedrale da chiese soppresse.

La cappellina della Santa Croce prende il nome dal simbolo cristiano per eccellenza, collocata in evidenza sull'altare, al di sopra di un gentile affresco raffigurante la Madonna col bambino e San Leonardo. L'affresco reca la data 1482: risale pertanto alle origini del santuario. Sotto la mensa dell'altare e il corpo del beato Giacomo Benfatti, teologo domenicano, professore all'Università di Parigi, vescovo di Mantova nel delicato periodo di trapasso dalla signoria dei Bonacolsi a quella dei Gonzaga. Festa, il 19 novembre. Per volontà del vescovo Corti, il beato porta la stola di Don Enrico Tazzoli, il capofila dei martiri di Belfiore, che si era attivamente interessato ai lavori del 1840. Nell'urna alla parete sinistra sono i resti del beato Marco Marconi (1480-1510), religioso nel convento dei Girolamini che sorgeva nell'area del Miliareto; festa, il 21 febbraio. Nell'urna di contro, sormontata da un'immagine devozionale modellata nel 1950 da monsignor Luigi Bosio (cui si deve anche quella del beato Marco), i resti della terziaria domenicana Caterina Carreri, cui la tradizione dà il titolo di Venerabile.

La cappellina di fronte è denominata di San Celestino o anche del beato Giovanni Bono, i cui resti sono sotto la mensa dell'altare. Giovanni, nato a Mantova nel 1168, fino ai quarant'anni condusse una vita sregolata e vagabonda come giullare; convertitosi, si ritirò in eremitaggio presso Cesena, per trasferirsi a Mantova in prossimità della morte, avvenuta nel 1249. Appunto nel suo pio transito lo raffigura, davanti alla Madonna col bambino, San Celestino e altri santi, la pala dell'altare, eseguita nel primo ottocento dal mantovano Antonio Ruggeri. La festa di questo beato cade il 16 ottobre. Le urne laterali accolgono i corpi di due beati carmelitani, vissuti quasi contemporaneamente nel convento di via Pomponazzo ora sede degli uffici finanziari dello Stato, e accomunati anche nella festa, il 5 dicembre. Sono Bartolomeo Fanti e Battista Spagnoli. Il primo, nato nel 1443 (o forse intorno al 1425) e morto nel 1495, si prodigò nel diffondere il culto eucaristico e la devozione alla Madonna. Il secondo (1447-1516), più che per le indiscusse virtù è noto come umanista e poeta latino: in questa veste ebbe per tutto il secolo 16º fama europea; chiamato "il mantovano" per eccellenza, fu amico dei maggiori letterati italiani; Erasmo da Rotterdam lo definì "il Virgilio cristiano" e alcuni suoi versi furono citati anche da Shakespeare.

Sopra l'altare centrale come incorniciata da un ancona  lignea del 1840 in cui si custodiscono numerose reliquie, è l'immagine originale della Madonna col bambino, che fa di questa chiesa uno dei santuari Mariani della diocesi. L'immagine,  a fresco, è stata oggetto di ripetuti e non sempre felici interventi di restauro, sicché appare oggi di difficile datazione; in base allo schema compositivo, che presenta particolari ancora riferibili alla pittura bizantina, si potrebbe ipotizzare un'origine duecentesca. Per un certo periodo e sino al 1840 la sacra immagine fu coperta, all'uso orientale, da una lamina in metalli preziosi che lasciava scoperti soltanto i volti; peraltro l'immagine stessa era visibile solo in rare occasioni, essendo nascosta, insieme con il reliquiario circostante, dietro un grande velario, commissionato dal venerabile a Francesco Morgagni e raffigurante la Santissima Trinità con la Madonna, cui Sant'Anselmo raccomanda la città di Mantova. La tela è perduta; ma forse ne è rimasta traccia in una stampa ottocentesca.

madonna in. duomo

A destra dell'altare, cenotafio con ritratto del vescovo del Risorgimento, Giovanni Corti, opera del mantovano Pasquale Miglioretti; a terra, sepolcro di Eleonora d’ Austria, sposa del duca Guglielmo Gonzaga, con i resti qui traslati dalla chiesa della Trinità.

Nella volta sopra l'altare e alle pareti laterali, tre affreschi del Ghisi e dell’Andreasino, eseguiti al tempo di quelli in cattedrale e raffiguranti tre scene relative alla vergine: la Pentecoste, il suo transito e l'assunzione al cielo. Sotto il transito, a lato della porta è la nera lastra sepolcrale del marchese Bonifacio, padre di Matilde di Canossa. "

Tratto da”La Cattedrale di Mantova” di Roberto Brunelli (2011)

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Nella nostra Diocesi  c'è la Casa Madre di una congregazione  religiosa femminile la cui fondatrice ha voluto intitolare l'ordine da lei fondato alla Vergine Incoronata.

La congregazione gestisce, in via Dugoni, il Sereno Soggiorno, casa per ospiti anziani, e la Pia Casa S. Giuseppe nella quale si trova la cappella dell'adorazione continua.

Il nome della congregazione è quello di  "Povere Figlie di Maria ss. Incoronata e adoratrici perpetue del Sacro Cuore di Gesù ; la fondatrice è la serva di Dio Teresa Fardella

CHIESA DI SAN BARNABA

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Risale all’860 la fondazione del tempio primitivo, di un antico oratorio situato in un luogo differente dal sito attuale, dedicato a San Barnaba,  apostolo e martire che fu compagno di san Paolo nella predicazione.
La chiesa edificata al posto del primo nucleo di culto fu affidata all'ordine dei Servi di Maria nel 1397, e di essa resta oggi il campanile gotico incompiuto, mentre i due lati del chiostro risalgono alla seconda meta del `400.
Il totale rifacimento della chiesa iniziò nel 1716, ma, a causa della guerra di suc­cessione polacca, i lavori furono interrotti e per sei mesi nel 1734 il chiostro fu adibito a scuderia e gli altri ambienti utilizzati come magazzini. Solo nel 1736 si costruirono volta e tetto. 
La facciata, datata 1737, nella parte inferiore rimanda alla classicità rinascimentale nella sua essenziale e lineare perfezione, mentre quella superiore mostra lievi accenti barocchi con linee che si trasformano all'ul­timo in riccioli, tutto si arrotonda, si ammorbidisce, secondo il gusto del tempo.
Durante i lavori della nuova fabbrica scomparve il sepolcro di Giulio Pippi de' Jannuzzi, detto Romano, che aveva avuto sepoltura in S. Barnaba nel 1546.
All'incirca trent'anni dopo, lo stuccatore ticinese Stanislao Somazzi, adornò la chiesa di stucchi rococò.
 
La storia di San Barnaba è segnata da un pesante bombardamento durante il primo assedio francese nel 1796, così il tempio ormai profanato ritorna ad ac­cogliere paglia invece che fedeli, mentre il convento viene adibito ad ospedale che, dopo diversi passaggi di proprietà, si vedrà privato di metà del chiostro, del refettorio grande così come di uno scalone interno in marmo e di altri locali.
 
Nella piazza antistante la chiesa intitolata al pittore-mantovano Giuseppe Bazzani  c’è una  fontanella in marmo rosso di Verona che  si ispira al mondo romano con 4 delfini  e al centro un putto.
 
Entriamo nella Basilica: l’interno è ad aula unica e su entrambi i lati si aprono cappelle.san barnaba3
 
 

 Partendo da destra in senso antiorario notiamo una bella acquasantiera, la porta ferrata del battistero e sopra un ovale in cui è raffigurato il beato Martino, Vescovo di Mantova e fondatore della chiesa.

La prima cappella che ammiriamo è quella di San Giuseppe (1738) con  figure lignee di Gesù bambino e di San Giuseppe
 
L'altare successivo è dedicato a San Pellegrino Laziosi, (conosciuto anche come Pellegrino da Forlì (Forlì, 1265 – 1º maggio 1345); è considerato il santo più famoso e venerato dell'Ordine dei Serviti . Il dipinto rappresenta il Santo mentre il Cristo  stesso, apparsogli in sogno, lo risana dalla pia­ga cancerosa prodotta dalle vene varicose alla gamba destra.
 
Pregevole  la cappella in onore della Vergine Addolorata (1732). En­tro la nicchia si trova la statua lignea della Madonna con in grembo il Cristo morto. L'opera, di Battista Mantovano, risente della lezione michelangiolesca, ma anche di quella berniniana. Il corpo della Vergine è trafitto da sette piccole spade che richiamano alla tradizione dei sette dolori della Madonna riguardo agli eventi dolorosi del suo Figlio.
 
Attorniano la figura della Madonna i sette ritratti dei frati fondatori dell’ordine dei Servi di Maria già dipinti dall’Orioli ma trafugati e ora sostituiti da ottime copie della pittrice Moccia di Mantova.
 
  Nel presbiterio troviamo uno di fronte all’altro i busti marmorei di San Filippo Benizi, priore generale dell’ordine   e della Santa Giuliana Falconieri   fondatrice e prima superiora delle Sorelle dell’Ordine dei Servi della Beata Vergine Maria dette le Mantellate. Ella è riconoscibile, nella grande tela di Siro Baroni (1732), dall’ostia consacrata sul petto ; infatti il miracolo raffigurato avvenne quando la Santa , morente e incapace di assumere l’ostia, ottenne che questa, posatale sul petto, le penetrasse all’interno.
 
L’altare maggiore, foggiato a intarsi di pietre dure , madreperle e marmi di vario colore , fu eseguito nel 1724  nella bottega dei Bombastoni a Rezzato, nel bresciano.
 
Nell’abside troviamo una pala, opera di anonimo, che rappresenta la Vergine  col Bambino e Santi. Questi, con una successiva e parziale ridipintura  sono stati adattati alle figure di San Barnaba (simboleggiato dal libro e dalla palma) e di San Marco(contitolare della Chiesa dal 1808) che ha come simbolo distintivo il leone.
 
A sinistra si può osservare l’opera di Teodoro Ghisi  della metà del ‘500 raffigurante il Salvator Mundi: il  Cristo sta per salvare il mondo in rovina.
 
Ci spostiamo poi alla Cappella dedicata a San Filippo Benizzi. La pala, opera di Giuseppe Orioli, rappresenta il Santo sorretto da due angeli mentre contempla in estasi la Madonna col Bambino. In basso  è la tiara pontificale, segno del papato, che il Santo Servita rifiutò per modestia.
 
La Cappella a fianco  vuole rendere omaggio a Santa Falconieri e ai santi Porro  e Bertoni  e reca l’immagine della terziaria servita  Elisabetta Picenardi insieme al “beato” Simone o Simonino di Trento. Ai lati dell’altare sono le due statue moderne in terracotta che mostrano San Giovanni Bosco e la Vergine col Bambino
 
Alla Madonna Immacolata e Incoronata è dedicato l'altare successivo; è af­fiancato da due statue marmoree scolpite dal tirolese Antonio Giuseppe Sartori come si legge ai piedi della prima, la Carità, rappresentata da una donna che tiene un bimbo tra le braccia mentre l'altra è allegoria e personificazione della Speranza.
 
Infine al di sopra dell'ultima piccola cappella, in onore di Santa Rita da Cascia, incorniciate dal grande stucco sono nell'ovale l'immagine di San Dionigi Areo­pagita contitolare della Chiesa di San Barnaba, e la tela raffigurante la beata Francesca Comi, mantovana, del Terz'Ordine dei Servi di Maria, com'è attestato dall'iscrizione oggi quasi illeggibile.
 
Prima di lasciare la chiesa ammiriamo la imponente tela di Lorenzo Costa il Giovane dell'ultimo `500: La moltiplicazione dei pani e dei pesci, che si trova in controfacciata al di sopra della bussola d'ingresso. Il dipinto, proveniente dalla chiesa di San Sebastiano nasconde la prospettiva architettonica dipinta dal padre Angelo Maria Bignami da Cotogno.
 
Da ultimo notiamo la splendida acquasantiera, proveniente dal tempio di San Sebastiano, con conca in marmo bianco, scolpita prima del 1540. Dietro l'acquasantiera un dipinto, rappresentante le anime del Purgatorio.
 
Uscendo sulla piazzetta Bazzani, accanto alla chiesa si nota il portone che immette negli spazi dell’antico convento-San Barnaba
 
Oltrepassato l'androne si possono ammirare i due lati sopravvissuti del chiostro rinascimentale, risalente alla metà del `400. Sotto il porticato si notano marmi con iscrizioni per lo più sepolcrali e pezzi di affresco che raffigurano episodi della vita di San Filippo Benizi realizzati a partire dal giugno 1671.
 
Sunto da “La guida alla Basilica” di Giulia Cavicchini
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